La ‘nuova Cina’ di Xi Jinping e l’evoluzione della classe dirigente cinese

NEW YORK— A fine ottobre, la professoressa Sheng Jianhong, vice direttrice dell’Archivio di Storia locale di Shanghai, ha concesso di sua iniziativa un’intervista all’edizione in lingua cinese di Epoch Times a New York.

La Sheng ha parlato del suo nuovo libro, che esplora il fenomeno degli immigrati cinesi negli Stati Uniti impiegati nella costruzione della ferrovia Pacific Railroad. La sua ricerca – racconta la professoressa – è stata ispirata dall’idea del leader cinese Xi Jinping secondo la quale «il grande Oceano Pacifico è abbastanza vasto per Cina e Stati Uniti insieme».
Secondo la professoressa Sheng, Xi valuta questa migrazione come un «segno di amicizia» tra Usa e Cina.

La professoressa ha anche citato l’«apprezzamento reverenziale, e lo studio approfondito» dei 5 mila anni di cultura cinese da parte di Xi Jinping, il quale, quando negli anni 80 era un funzionario della provincia meridionale del Fujian, dava grande importanza al preservare e tramandare le antiche cronache locali, in piena controtendenza rispetto allo storico antitradizionalismo comunista.

Epoch Times è un media specializzato sulla Cina e sulla cultura tradizionale cinese, ma questa intervista è comunque alquanto inusuale, considerato che Epoch Times è da sempre bandito in Cina, e che la Sheng è appunto un funzionario statale cinese. Epoch Times è proibito in Cina poiché informa in modo approfondito sulle violazioni dei diritti umani perpetrate da decenni dal regime di Pechino (inclusa la persecuzione del Falun Gong), e ha anche pubblicato una nota serie di editoriali di approfondimento sul Partito Comunista Cinese; fuori dalla Cina, è il media in lingua cinese con la più ampia diffusione.

Sheng Jianhong è rappresentativa di un mutamento di prospettiva nei confronti del regime che è sempre più diffuso nella classe dirigente e fra gli intellettuali cinesi: durante l’intervista, si riferisce a Xi Jinping usando il normale appellativo ‘signor’ o ‘xiansheng’ in cinese, al posto del titolo ufficiale di ‘presidente’ o ‘segretario generale’, che devono normalmente impiegare i funzionari cinesi. Inoltre, il fatto stesso che un funzionario statale cinese abbia contattato Epoch Times per fissare un’intervista, senza anonimato e senza essere un dissidente all’estero, sembra indicare una sorta di appoggio statale di altissimo livello. La Sheng ha parlato in modo positivo di Xi Jinping e ha dimostrato ‘simpatia’ per Epoch Times, sia attraverso l’intervista, che attraverso la sottigliezza dell’appellativo usato per Xi Jinping.

Secondo le diverse fonti di Epoch Times, i funzionari cinesi, e in particolare quelli ai massimi livelli di governo, visitano regolarmente la versione cinese del sito, bypassando il Grande Firewall (un sistema di censura che blocca i contenuti internet ‘sgraditi’ al regime comunista cinese), per leggere notizie e analisi che i media locali non possono pubblicare. E anche migliaia di cittadini cinesi aggirano la censura per leggere Epoch Times in rete. Tutti i media in Cina sono statali, e quindi l’informazione indipendente di Epoch Times gioca un ruolo obiettivamente unico nello stato attuale delle cose in Cina.

Da quando Xi Jinping è salito al potere, ha messo in atto un sistematico processo di rimozione degli elementi della ‘fazione dalle mani insanguinate’: un gruppo di funzionari del regime associati all’ex leader Jiang Zemin, che si sono macchiati delle atrocità più grandi del recente passato.
Nel contempo, Xi ha mostrato diversi, seppur vaghi, segnali di tolleranza nei confronti dei gruppi sociali perseguitati dal regime cinese (come il Falun Gong) e di Epoch Times stesso, oltre ad aver rimosso formalmente i campi di lavoro (che esistono comunque sotto altre forme) e ad aver rivisto la controversa politica del figlio unico.

Adattamento di un articolo di Larry Ong, Cai Rong. Articolo in inglese: Chinese Official Talks Xi Jinping’s Ideas With Epoch Times

 
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