Documentario sui diritti umani commuove il Castello di Capalbio

Sabato 13 agosto 2016 il film documentario Free China: il coraggio di credere, ha ispirato Capalbio. Questo documentario, prodotto dalla NTD Television e dalla WORLD2BE, è stato presentato nel castello del comune in provincia di Grosseto, nel sud della Toscana, dall’Associazione culturale onlus Il Ponte, e patrocinato dal comune di Capalbio e dall’associazione Capalbio Art.

La risposta dei cittadini di Capalbio è arrivata vivace, tanto da riempire la sala del castello. Il film, che parla della storia di una donna perseguitata in Cina, è stato inserito nella rassegna di Cinema internazionale ‘Cinema è donna’. Il film è basato sulla storia vera di Jennifer Zeng, ex membro del Partito Comunista Cinese (Pcc) e di Charles Lee, un cinese naturalizzato americano.

Per la loro fede nel Falun Gong, una disciplina spirituale che aiuta ad armonizzare la mente, il corpo e lo spirito (come riporta il sito web della pratica) sono stati arrestati e condannati ai campi di concentramento.

Il Partito Comunista Cinese, violando ogni tipo di diritti umani, infligge torture e abusi di ogni genere ai prigionieri di coscienza, tra i quali tibetani, uiguri, cristiani indipendenti, ma anche avvocati per i diritti umani e, soprattutto, i numerosi praticanti del Falun Gong. Dagli ultimi aggiornamenti di un’inchiesta indipendente realizzaata da David Matas, avvocato per i diritti umani, David Kilgour, ex magistrato, senatore e ministro degli Esteri canadese e Ethan Gutmann, giornalista investigativo autore di The Slaughter, sono emersi dati precisi e agghiaccianti che descrivono l’atroce prassi di prelevare organi da detenuti ancora in vita contro la loro volontà, perchè vengano poi rivenduti a caro prezzo a ricchi cinesi o ai cosiddetti ‘turisti del trapianto’.

«È una cosa sconvolgente che il governo cinese utilizzi l’alibi della persecuzione contro i praticanti del Falun Gong, per sfruttare i loro corpi nel commercio mondiale di organi – ha dichiarato Lidia Tarantini, una delle organizzatrici della serata di Capalbio Art – tutto il mondo è coinvolto, inconsapevolmente forse, ed è importante che queste cose si sappiano».

Dopo l’intervento di presentazione di Lidia Tarantini, c’è stato il saluto da parte del sindaco Luigi Bellumori, che ha invitato gli astanti «a riflettere enormemente sul tema delicato» di cui si parla nel documentario.

Tra gli oratori nella discussione successiva al film, moderata da un membro dell’associazione Il Ponte, vi erano una rappresentante di Amnesty International, una rappresentante italiana della Ong internazionale Dafoh (Doctors Against forced organ harvesting, Medici contro il prelievo forzato di organi), la giornalista Isabella Mezza, da poco rientrata dalla Cina e la praticante del Falun Gong Yunyan Tang, che ha fatto commuovere il castello con la testimonianza diretta della persecuzione subita da lei e dai suoi genitori.

La dottoressa Katerina Angelakopoulou di Dafoh Italia ha portato all’attenzione del pubblico la notevole discrepanza tra i dati risultanti dall’inchiesta indipendente sopra citata, le stime di Amnesty International, e i dati ufficiali rilasciati dal governo cinese.

«Nel 1984 in Cina, è stato approvato un regolamento che permette il prelievo di organi sui prigionieri condannati a morte. Secondo le stime di Amnesty International, fino al 1999 ci sono state circa 2-3 mila esecuzioni. E i dati ufficiali cinesi affermano che, fino al 1999 i trapianti di organi si aggiravano attorno ai 2-3 mila».
I dati sembrano dunque essere inizialmente coerenti, ma dopo il 1999 (anno dell’inizio della persecuzione dei praticanti del Falun Gong) il cambiamento nei dati è stato drastico: «Dopo il 1999 i dati di Amnesty International circa le esecuzioni rimangono più o meno intorno alle 2-3 mila l’anno. I dati ufficiali cinesi, invece, dichiarano che di trapianti d’organi ogni anno se ne fanno 10 mila. Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’inchiesta svolta da Matas, Kilgour e Gutmann si potrebbe arrivare anche a 100 mila trapianti d’organi l’anno». E la fonte degli organi, di certo, non sono i donatori volontari.

 
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