Free China a Cuneo: uno «strumento per prendere posizione»

«Uno strumento che serve per far prendere una posizione», è stato il commento di Alessandro Spedale, assessore alla Cultura del Comune di Cuneo, dopo la visione del pluripremiato documentario Free China: il coraggio di credere. Le violazioni dei diritti umani subite dai praticanti del Falun Gong in Cina esposte nel film hanno colpito gli oltre 300 spettatori che hanno riempito il cinema Monviso a Cuneo.

Le storie intrecciate di una donna di Pechino, Jennifer Zeng e di un uomo di New York, Michael Lee, arrestati e torturati per la loro fede comune, sono il punto di contatto in una tragedia dei nostri tempi. Una persecuzione che è tutt’ora in corso in Cina contro cento milioni di praticati del Falun Gong da parte del Partito Comunista Cinese.

«Questo documentario – continua Spedale, – è stato promosso, è stato diffuso. Uno strumento per interrompere le persecuzioni è la denuncia, ci sono poi strumenti che gli enti più piccoli non possono utilizzare». Spedale riconosce l’importanza del dare voce ai casi censurati, di modo che si possano innsecare dibattiti, ma che la responsabilità degli enti nazionali e sovranazionali sia quella di andare sul posto e una volta appurate le violazioni dei diritti umani «trovare poi il modo di fermarli in modo concreto».

Promosso nel 25esimo anniversario del massacro di Piazza Tianamen, con il patrocinio della Provincia e Comune di Cuneo, Free China: il coraggio di credere ha vinto sei premi internazionali e ricevuto una nomination all’Oscar 2013 come miglior documentario. Nelle oltre 500 proiezioni migliaia di spettatori sono venuti a conoscenza delle condizioni di prigionia nei ‘campi di rieducazione’ in Cina e dell’atroce ‘raccolta’ di organi a cui sono sottoposti i praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale cinese che insegna i principi di verità, compassione e tolleranza.

«Sono dell’idea che tutti debbano sapere di una persecuzione che è quindici anni che esiste», il commento di Daniela Pellegrino, spettatrice durante la serata e protagonista del documentario Donne dentro sulla violenza contro le donne. «È terribile che la gente accetti di comprare degli organi da persone sane o semivive, come se fosse un mercato. È vergognoso».

La censura attuata dal regime cinese per nascondere gli orrrori della persecuzione è iniziata a partire dal 20 luglio 1999 quando un’ondata di arresti ha sconvolto la vita di milioni di praticanti del Falun Gong, e continua al giorno d’oggi. Sono quasi 4.000 le morti ufficialmente registrate e decine di migliaia i casi di tortura e abusi.

«Secondo me, i cinesi fuori dalla Cina e gli occidentali, dovremmo riunirci e fare capire alla gente del mondo che cos’è il regime cinese», ha detto dopo la poriezione Yu Mi, commerciante originario di Taiwan da anni in Italia. Il fatto principale per Yu, è che il controllo del governo cinese è oppressivo, ma il documentario di Pearlman è «un ottimo mezzo, perché i cinesi fin da piccoli vengono indottrinati dal Partito nel modo di pensare».

Interviste di Alessandro Murgia

 
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