Fidarsi dell’intuito: sette casi di medici che hanno salvato vite

L’universo è pieno di misteri che sfidano le nostre conoscenze. Nella sezione ‘Ai confini della realtà: Viaggio nei misteri della Scienza’ Epoch Times raccoglie storie che riguardano questi strani fenomeni per stimolare l’immaginazione e aprire possibilità ignote. Se siano vere o no, sei tu a deciderlo.

L’intuizione medica è un concetto noto a molti dottori e professionisti della sanità. Avviene quando si percepisce una sorta di sensazione a pelle o di comprensione istintiva riguardo ai malanni di un paziente, anche quando non si sono riscontrati indizi fisici.

Ha svolto un ruolo essenziale in momenti di emergenza o nelle situazioni di pericolo di vita. In alcuni casi le intuizioni hanno anche portato alla scoperta di cure mediche.

Di seguito sette casi avvenuti realmente.

1. Una strana soluzione appena in tempo

La storia seguente è stata raccontata nel sito del Centro di spiritualità e guarigione dell’Università del Minnesota: «Guardando la sua paziente morire dissanguata sul tavolo operatorio, la dottoressa Mimi Guernari, specialista cardiologa, passò ore a provare qualunque rimedio conoscesse per arginare il flusso. “Allora, di punto in bianco, ho pensato a qualcosa che non avevo mai usato prima e che ancora non avevo provato: schiuma di gel”. Questa risposta intuitiva le fece sbattere le palpebre chiedendosi se non stesse avendo le allucinazioni quando vide il sangue arrestarsi. La schiuma aveva salvato la vita della sua paziente».

2. Una connessione inaspettata

La seguente storia è stata riportata in un articolo pubblicato dal Seattle Children’s Hospital Research Foundation (Istituto di Ricerca dell’ospedale per bambini di Seattle): il dott. Daniel, un anestesista, voleva ottenere una risposta all’enigma irrisolto dellasindrome della morte improvvisa infantile. Ascoltò il suo intuito ed esaminò la relazione tra i problemi all’interno dell’orecchio e la sindrome della morte improvvisa del lattante. Consultò diversi professionisti che avevano raccolto dati statistici sui bambini. Scoprì che nei bambini con la sindrome della morte improvvisa era spesso presente un deficit uditivo all’orecchio destro, deficit che nel confronto con i bambini non morti per la sindrome era regolarmente più basso.

3. Sembrava tutto a posto, ma per fortuna quest’infermiera seguì il suo istinto

Un’infermiera racconta il suo episodio di intuito, citato in una tesi di laurea intitolata Vedere tutto, sentire ciò che non viene detto: un’investigazione fenomenologica sull’istinto durante la prova per infermieri diplomati, di Lisa A. Ruth-Sahd, all’Università della Pennsylvania:

«Arrivò all’ospedale un uomo di 44 anni dopo essere stato coinvolto in un incidente motociclistico nel quale era stato scalzato dalla moto nella barriera di contenimento ed era scivolato di circa 14 metri. L’incidente era avvenuto perché aveva cercato di evitare di scontrarsi con la macchina che gli stava davanti e che si era improvvisamente arrestata. Ero sorpresa di trovarlo completamente attento e vigile all’arrivo al pronto soccorso e in grado di ricordare gli eventi dell’incidente perché quando era avvenuto l’incidente non stava indossando un casco. Quando arrivò mostrava stabili parametri vitali…

Nonostante questi riscontri nella norma, mi sentivo in apprensione e a disagio senza poter capire il perché. Mi ero già occupata di molti pazienti vittime di traumi che erano molto più instabili rispetto a quest’uomo, eppure per qualche ragione questa situazione sembrava differente. Continuai a cercare di indovinare il mio giudizio istintivo e a chiedermi il perché continuassi a percepire che c’era qualcosa che non andava. Lanciai un’occhiata intorno alla stanza ai miei colleghi; nessun altro sembrava allarmato, come se gli sforzi di rianimazione dal trauma stessero procedendo come avrebbero fatto per qualunque altro paziente. Anche se avevo compilato appena dieci minuti prima una valutazione di risultati positivi, sentivo che dovevo tornare indietro nella stanza a eseguire una seconda valutazione completa.

Diedi ascolto alle mie sensazioni più profonde riguardo al fatto che c’era qualcosa che non andava con questo paziente. Questa volta notai che la sua frequenza cardiaca era più veloce di prima e che stava sviluppando una contusione alla sommità della parete toracica. Alzai lo sguardo verso il monitor cardiaco e vidi che il modello dell’elettrocardiogramma si era appiattito.

Mettendo insieme tutte queste informazioni, avvisai immediatamente il chirurgo per la gestione dei traumi e il medico del pronto soccorso e insieme preparammo il paziente per una pericardiocentesi, una procedura necessaria a decomprimere la pressione che si stava sviluppando intorno al cuore. L’incidente aveva causato la rottura di un vaso sanguigno e conseguentemente stava manifestando un tamponamento cardiaco subordinato all’emorragia».

4. Una breve chiacchierata amichevole ha un’inaspettata utilità medica

Anche questa storia è tratta dal sito dell’Università del Minnesota: «Ancora non so consapevolmente perché gli chiesi di parlarmi più nei dettagli del suo lavoro» spiega il dott. A. Juster. Mentre il suo paziente, un dirigente di Silicon Valley che si stava lamentando dei suoi problemi allo stomaco, descriveva il suo rapporto problematico con il capo, il dott. Juster notò che l’espressione sulla faccia del suo paziente era la stessa di quando stava descrivendo il suo dolore allo stomaco. Il dott. Juster convinse il suo paziente che le emozioni possono causare dei sintomi fisici e gli raccomandò un duplice approccio: uno per rapportarsi con le sue emozioni e l’altro con i sintomi fisici. Paziente e dottore si ritennero soddisfatti del risultato.

5. I controlli di routine vanno bene, ma qualcosa non funziona

Questa storia viene raccontata sul sito dell’Università del Minnesota: «Lo psichiatra Richard Friedman si sorprese un giorno durante un appuntamento abituale con un paziente che stava sperimentando dell’ansia a causa di un problema finanziario. Preoccupato da qualcosa nell’aspetto di Mark, il suo paziente, il dott. Friedman fece “Qualcosa di puramente istintivo che in quel momento non capii appieno: mentre era nel mio ufficio chiamai il suo internista e lo mandai per un appuntamento poche ore dopo”. Il dott. Friedman stesso era perplesso dalla sua reazione istintiva. Incontrava abitualmente pazienti con problemi di ansia e il suo paziente non aveva casi precedenti di malattia. Era anche preoccupato da quello che il suo collega internista avrebbe potuto pensare; avrebbe riso? Venne fuori che l’internista di Mark non aveva alcun motivo per ridere: Mark stava non solo soffrendo di ansia, ma anche per complicazioni di salute a un polmone. Le cure iniziarono immediatamente e le condizioni di Mark migliorarono».

6. Nessun dolore al torace, ma lo specialista aveva ragione riguardo ai polmoni

La seguente storia è stata documentata nel Medical journal Oregon Nurse (la rivista medica degli infermieri dell’Oregon) nel settembre del 2003: una paziente donna, che era stata da poco sottoposta ad un intervento chirurgico, venne mandata al pronto soccorso per reidratarsi. Era svenuta quel giorno stesso ed era stata esaminata dal suo medico. Quando arrivò la sua frequenza cardiaca era di 133 battiti al minuto. Dopo che le somministrarono fluidi endovenosi, la frequenza cardiaca si stabilizzò a 108 battiti.

Con risultati fisici e di laboratorio sostanzialmente nella norma il dottore stava valutando l’ipotesi di rimandarla a casa. Tuttavia un altro specialista presente sospettava che quell’alta frequenza cardiaca fosse un indicatore di un possibile coagulo di sangue nel polmone, nonostante la paziente negasse di avvertire dolore al torace.

Lo specialista continuò a monitorare i segni vitali e infine il livello di saturazione dell’ossigeno iniziò a scendere e discusse col dottore di questi sospetti. Quest’ultimo richiese allora indagini più approfondite. Le indagini che tornarono indietro mostravano coaguli di sangue in entrambi i polmoni, confermando il sospetto iniziale del secondo clinico.

7. Diagnosticata meningite a una bambina per un sospetto

Il dott. Trisha Greenhalgh, professore di assistenza sanitaria di base alla Royal Free and University College Medical School di Londra (Università e scuola medica Royal Free) scrive la seguente storia nel suo articolo “Intuizione e prove: cooperazione difficile?”, pubblicata nel British Journal of General Practice (la rivista inglese di prassi generale) nel 2002: un dottore a Cardiff, nel Galles, ricevette un giorno una chiamata da una madre angosciata, la cui figlia di tre anni aveva la diarrea e si comportava in modo strano. Il dottore conosceva piuttosto bene la famiglia ed era preoccupato abbastanza da interrompere la chirurgia di quella mattina per andare a fare immediatamente visita alla famiglia. Il suo intuito lo portò a fare una diagnosi corretta e a curare con successo un caso di meningite meningococcica sulla base di due sintomi non specifici riferiti al telefono.

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Articolo in inglese: Trusting Intuition: 7 Medical-Worker Hunches That Saved Lives
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