Climagate, dati truccati sul riscaldamento globale

Poco prima della conferenza mondiale sul clima che si è svolta a Parigi nel 2015, è stato pubblicato un inedito studio dall’Ente nazionale oceanico e atmosferico degli Stati Uniti. Lo studio ha sostenuto la teoria secondo cui le emissioni di carbonio sarebbero la causa del recente cambiamento climatico, fugando così ogni dubbio sull’argomento da parte della comunità scientifica. Oggi uno degli scienziati impegnati nella verifica dei dati dello studio si è fatto avanti per vuotare il sacco su quello che ha definito come un lavoro superficiale, tanto da rendere i risultati pubblicati inaffidabili.

John Bates è un famoso climatologo da poco in pensione: un ex responsabile della gestione dei dati climatici dell’Ente nazionale oceanico e atmosferico degli Stati Uniti, che ha ottenuto anche un riconoscimento speciale da parte dell’amministrazione Obama per il suo lavoro nella creazione di nuovi standard statistici. Secondo quanto affermato da Bates in un post del 4 febbraio sul blog della climatologa Judith Curry, gli scienziati dell’Ente hanno impiegato metodi e procedure scorrette che avrebbero falsato i risultati dello studio pubblicato nel 2015, oggi noto come ‘lo studio di Karl’, dal nome del suo autore principale, lo scienziato Tom Karl.

I dati raccolti, secondo Bates, avrebbero fatto credere che il nostro pianeta si stia riscaldando più velocemente di quanto non stia facendo in realtà. Se così fosse, lo studio di Karl smentirebbe anche i risultati di un’altra ricerca condotta da un gruppo di scienziati dell’Onu, secondo cui il riscaldamento globale sarebbe addirittura rallentato dal 1998 al 2013. Questa pausa, nota anche come ‘iato del riscaldamento globale’, sembrava dimostrare che i cambiamenti climatici avessero subito un calo di velocità nonostante l’aumento delle emissioni di carbonio in tutto il mondo, mettendo quindi in dubbio il nesso causale tra i due fattori.

Lo studio di Karl, pubblicato sulla rivista Science, afferma invece che questo iato non si è mai verificato. Al contrario, le temperature globali avrebbero subito un rapido aumento. Parecchi climatologi sono intervenuti per difendere lo studio di Karl a seguito delle accuse di Bates. Curry e Bates hanno poi replicato sostenendo la necessità di una maggiore precisione nell’analisi dei dati climatici.

La questione è così tecnica ed equivoca che risulta molto difficile trarre conclusioni sull’argomento. E un articolo intitolato How world leaders were duped into investigating billions over manipulated global warming data [Clima e dati truccati: ecco come i leader mondiali hanno speso miliardi per il riscaldamento globale, ndr] pubblicato sul Daily Mail il 4 febbraio con un’intervista esclusiva a Bates, ha alimentato questa polemica.

Lo studio di Karl è stato ampiamente menzionato dall’ex presidente Barack Obama e da altri leader mondiali riunitisi a Parigi per sostenere insieme la limitazione dei cambiamenti climatici. Bates ha accusato Karl di «sollecitare e spesso insistere per ottenere decisioni che ingigantissero il problema del riscaldamento globale e riducessero al minimo la relativa documentazione». Karl non ha risposto alle inchieste dei giornalisti.

Per il Daily Mail questo potrebbe essere il secondo Climagate; il primo ha interessato uno scambio di e-mail, rese pubbliche nel 2009, tra alcuni climatologi, secondo cui gli scienziati avrebbero cercato di insabbiare i dati che smentivano la teoria secondo cui il cambiamento climatico sia causato dall’azione dell’uomo.
I climatologi coinvolti, tuttavia, dichiararono che gli estratti pubblicati da quelle e-mail erano stati decontestualizzati e travisati, e che loro stavano solo parlando di metodi standard per l’adattamento dei dati.

IL PROBLEMA DEI DATI NELLO STUDIO DI KARL

Se non altro, le accuse di Bates potrebbero spingere gli scienziati a prestare una maggiore attenzione alla gestione dei dati climatici.

In breve, ecco alcune delle critiche mosse da Bates contro i dati pubblicati nello studio di Karl:

  1. sono stati trovati alcuni bug già noti nel software che i ricercatori hanno utilizzato per analizzare i dati relativi alla temperatura terrestre;
  2. i dati non sono stati sottoposti alle procedure di verifica che lo stesso Bates contribuì a sviluppare per la registrazione dei dati climatici dell’Ente nazionale oceanico e atmosferico degli Stati Uniti;
  3. i risultati dello studio non sono stati riportati in modo da essere consultati facilmente ed eventualmente contestati;
  4. i dati delle temperature oceaniche sono stati modificati per diminuire le incongruenze tra i diversi studi, comportando così inevitabili imprecisioni.

Bates ha iniziato così il suo post: «Ho letto con grande ironia (sul Washington Post) che gli scienziati “si stanno impegnando a mettere in salvo i dati climatici americani, perché temono che Trump possa farli sparire”. In qualità di ex responsabile del database dell’Ente nazionale oceanico e atmosferico degli Stati Uniti, posso dire che l’archiviazione dei dati climatici è impedita proprio dagli scienziati che non sono disposti a registrare e documentare formalmente i risultati delle loro ricerche».

Kevin Trenberth, un esperto climatologo impiegato presso il Centro nazionale per gli studi atmosferici degli Stati Uniti d’America, ha dichiarato che «la correttezza dei dati è sempre stato un problema. Per molti anni gli scienziati hanno richiesto un sistema di osservazione climatico […] un obiettivo finora compromesso da finanziamenti scarsi e inadeguati».
Trenberth, inoltre, ha detto che alcune delle procedure di verifica ritenute necessarie da Bates per assicurare l’affidabilità dei dati «sono estremamente pedanti. Non c’è da stupirsi che si prendano scorciatoie», e ha aggiunto: «Si trova sempre un compromesso tra le cose pratiche e quelle burocratiche».

Sebbene i dati non siano stati sottoposti al processo di revisione richiesto da Bates, i difensori dello studio di Karl sostengono che non siano stati pubblicati senza alcun controllo, e che sarebbero stati esaminati anche dalla rivista Science.

Jeremy Berg, biochimico e caporedattore di Science Family of Journals, sostiene che «Science ribadisce il proprio lavoro sullo studio di Karl, che è stato sottoposto a una revisione particolarmente scrupolosa». Berg ha affermato che ci sono voluti sei mesi per verificarne l’attendibilità e le critiche di Bates, secondo cui si tratterebbe di uno studio superficiale, sono del tutto infondate. Le sue accuse, dunque, sarebbero rivolte alle scorciatoie presumibilmente prese per evitare le lunghe procedure di verifica previste dall’Ente nazionale oceanico e atmosferico degli Stati Uniti.

Nell’attesa dei risultati delle indagini dell’Ente a seguito delle accuse di Bates, Berg ha detto che Science «dovrà rivedere i risultati che sono stati pubblicati e prendere in considerazione le nostre opzioni». Un portavoce dell’Ente ha poi confermato le indagini da parte dello staff: «L’Ente nazionale oceanico e atmosferico degli Stati Uniti prende molto sul serio le accuse legate alla mancata esecuzione delle procedure di verifica e valuterà la questione nel modo più appropriato».

DATI VARIABILI

Bates e i suoi oppositori concordano in generale sul fatto che i set di dati climatici siano altamente variabili. Questo è uno dei motivi fondamentali per cui la loro interpretazione non è mai univoca. Secondo Trenberth e altri scienziati che hanno risposto alle critiche di Bates, il perfezionamento dei dataset climatici è infatti un processo continuo e costante: «I dataset sono dinamici, sempre in fase di aggiornamento. Questo vale soprattutto per le temperature globali. Non sono mai stabili». Eppure, aggiunge, questo non è un valido motivo per contestare dati che sono stati pubblicati su una rivista scientifica e avvalorati da ulteriori studi.

Una delle questioni più discusse dai sostenitori dello studio di Karl è che i dati contestati da Bates sono stati invece confermati da Zeke Hausfather, climatologo e analista di sistemi energetici per Berkeley Earth. Lo studio di Hausfather, pubblicato il 4 gennaio su Science, ha mostrato un aumento delle temperature ancora più alto rispetto allo studio di Karl. E, stando alle stime di Curry, i dati di Hausfather dimostrano che le temperature tra il 2000 e il 2015 sono aumentate del 12,7 per cento in più rispetto a quanto riportato dallo studio di Karl.

Inoltre, l’imprecisione delle rettifiche apportate ai dati climatici – dati fondamentali per comprendere il cambiamento climatico – ha reso gli stessi dati erronei: «La conclusione è che i dataset della temperatura della superficie marina sono estremamente mutevoli».

Le argomentazioni pro e contro le critiche di Bates sono molte, e in questo articolo ne sono state affrontate solo alcune. Il Comitato per la Scienza, lo Spazio e la Tecnologia della Camera dei rappresentati, presieduto dal deputato repubblicano statunitense Lamar Smith, ha espresso chiaramente il suo sostegno a favore di Bates dichiarando che l’Ente nazionale oceanico e atmosferico degli Stati Uniti ha «intralciato i controlli in ogni occasione».
Smith ha commentato: «Ringrazio il dottor Bates per il coraggio di essersi esposto e aver rivelato il tira e molla dei dati portato avanti dagli alti funzionari dell’Ente al fine di raggiungere una conclusione politicamente prestabilita».

Bates ha aggiunto che, l’unico modo per prevenire in futuro la diffusione di dati inaffidabili, sarebbe quello di reintrodurre e approvare la direttiva dell’Open Government Data, in base alla quale i dataset devono essere archiviati e resi facilmente accessibili a chi desideri consultarli e replicarli. Il Senato Usa ha approvato la legge, ma la Camera l’ha a suo tempo respinta. Bates spera di vederla ora riproposta nel nuovo Congresso.

Articolo in inglese: NOAA Scientist Questions Fundamental Climate Change Data

Traduzione di Lorena Badile

 
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