Esperienze di pre-morte, le neuroscienze cercano di spiegarle

Le descrizioni delle esperienze di pre-morte (Nde) esistono da sempre. Vengono raccontate da persone che sono state vicine al decesso o che sono trapassate realmente e poi tornate in vita.

Queste esperienze, seppur diverse tra loro, possiedono tuttavia molti elementi che le contraddistinguono: vedere un tunnel di luce; vedere un proprio caro trapassato; provare gioia o euforia; avere un senso di consapevolezza accresciuto; sentire un senso di grande amore; rivedere la propria vita in un breve periodo di tempo e avere la sensazione che l’anima lasci il corpo. Le Nde tendono a trasformare in maniera positiva le vite delle persone che le sperimentano.

Queste ricche e interessanti esperienze hanno suscitato domande riguardo alla possibilità che l’uomo possegga veramente un’anima o se la coscienza sia prodotta dal cervello. Con i progressi delle neuroscienze, abbiamo un crescente numero di affermazioni che relegano la spiegazione delle Nde al campo neuroscientifico, evitando qualsiasi riferimento o spiegazione che prenda in considerazione l’anima.

SPIEGARE LE ESPERIENZE DI PRE-MORTE (Near Dead Experience, Nde)

Quanto sono consistenti le spiegazioni delle neuroscienze?

Una parte importante delle informazioni riguarda il fatto che metà delle Nde accadano quando gli individui pensano di essere in punto di morte ma in realtà, dal punto di vista medico, non siano vicini alla morte. Per esempio il caso di qualcuno che cade da un edificio e pensa di stare per morire, ma in realtà ha subito solo delle ferite lievi. Ciò significa che se cerchiamo nel cervello la spiegazione di tutti i differenti elementi distintivi delle Nde, dobbiamo tener conto, in termini medici, dei casi in cui una persona sta morendo realmente e dei casi in cui non c’è un reale pericolo di morte.

Una spiegazione comune, avanzata da alcuni scienziati, è che quando il cervello è senza ossigeno si possono sperimentare varie situazioni, in particolare un senso di luce splendente nei centri nervosi legati alla visione. Questo tipo di sensazioni possono essere prodotte realmente da una mancanza di ossigeno, ma il problema è che non tutte le Nde comportano mancanza di ossigeno e nonostante ciò la sensazione di un tunnel di luce permane.

Inoltre quando il cervello è in mancanza di ossigeno, inizia a fornire risposte in modo disorganizzato: non lavora in modo corretto. Dalla nostra conoscenza del cervello, in questo stato non dovremmo aspettarci delle esperienze organizzate, ma piuttosto un disordine probabilmente simile a una crisi epilettica o a una malattia mentale insomma altre situazioni in cui il cervello non lavora in modo corretto.

Tuttavia abbiamo delle esperienze dinamiche, organizzate e reali: secondo quanto affermano le persone, le Nde sono «più reali del reale» e quando le hanno vissute si sentono libere, hanno compreso l’universo a un livello profondo e non sono mai state così felici. Questo può accadere sia quando il cervello non è in pericolo immediato e sia quando si trova in situazioni difficili a causa di un pericolo di morte.

LA FORZA DELLA MENTE

Curiosamente, quando il cervello è vicino alla morte, avviene un miglioramento cognitivo: la mente è senza restrizioni e può gestire più pensieri del solito. Il fatto che in situazioni difficili il cervello abbia un miglioramento delle funzioni cognitive non quadra con la nostra comprensione delle funzioni cerebrali.

Un’altra spiegazione basata sul cervello è che le esperienze extracorporee (Obe), che fanno parte delle Nde, siano causate da un malfunzionamento della giunzione parieto-temporale, una regione del cervello deputata alla formazione del concetto del proprio corpo.

La prova che sia questa regione la responsabile della sensazione di perdita della percezione del corpo e dell’ambiente circostante, come stanze o zone vicine, è sorprendentemente debole. Lo studio di Blanke e dei colleghi, spesso menzionato, è basato sul caso di un paziente; le spiegazioni del paziente indicavano che, quando non aveva la sensazione del proprio corpo, poteva ugualmente vedere il tronco e le gambe.

Tuttavia lo studio dimostra solo che la stimolazione elettrica di questa parte del cervello permette alle persone di avere la sensazione di non essere nel corpo, ma non produce nessuna delle altre situazioni caratteristiche di una Obe, come vedere tutto il corpo, galleggiare nella stanza e vedere l’ambiente circostante. In breve non riesce a descrivere nulla di qualitativamente simile allo stato extracorporeo vissuto durante una Nde.

RIVEDERE LA PROPRIA VITA

Le spiegazioni date al fenomeno di rivedere la propria vita ossia ai casi in cui si riesce a osservare, a volte con grande dettaglio, l’intero corso della propria vita provando rimorso per le azioni egoiste e soddisfazione per quelle ‘buone’, sono particolarmente misteriose.

Una spiegazione, in un articolo di Charlese Choi in American Scientific, suggerisce che la regione del cervello responsabile del fenomeno di rivedere la propria vita è probabilmente il locus coeruleus, un’area coinvolta nello stress e collegata alle aree che gestiscono l’emozione e la memoria. Perché tuttavia quest’area può evocare tutti i ricordi delle azioni di una vita, durante la morte – o quando la morte è imminente – e non evoca alcun ricordo durante altri stress estremi? E come si possono spiegare la formazione di nuovi concetti morali che spesso accompagnano una Nde?

Un altro articolo, di Mobbs e Watt, apparso su Trends in Cognitive Sciences, cerca di spiegare il fenomeno citando il caso di un paziente che, durante una Nde, era in stato di Rem (uno stato caratteristico del sogno). Loro concludono che il fenomeno del rivedere la propria vita è collegato probabilmente allo stato Rem, dato che è presente durante la Nde ed è anche associato con il consolidamento della memoria.

Un problema critico in questo argomento è che lo stato di Rem è coinvolto solamente nel processo di consolidamento dei ricordi procedurali – quando impariamo nuove abilità, come ad esempio andare in bicicletta – e non è coinvolto nei ricordi episodici che costituiscono i ricordi pregressi, presenti durante il fenomeno del rivedere la propria vita.

La spiegazione ha un altro problema fondamentale, lo stesso dell’esempio della sensazione extracorporea. Essa fa riferimento a un unico paziente. In casi come questi utilizzare un solo esempio per fare generalizzazioni significa fare un cattivo uso della scienza, dato che non si può sapere se si tratta di una situazione eccezionale.

Mobbs e Watt cercano di spiegare la presenza dei propri cari deceduti, sostenendo che a volte alcune persone, che soffrono di gravi problemi di Parkinson, hanno allucinazioni in cui compaiono cadaveri senza testa, mostri, fantasmi e parenti defunti. Il Parkinson provoca problemi a un’area del cervello che produce la dopamina, un neurotrasmettitore e gli autori suggeriscono che queste allucinazioni sono causate da uno squilibrio di questo neurotrasmettitore.

Il problema è che quasi tutti i casi di Nde riportano delle esperienze positive, sensazioni d’amore e gioia: non ci sono cadaveri senza testa. Ci sono alcuni casi in cui le persone vivono esperienze in cui sono presenti demoni e situazioni infernali, tuttavia la maggior parte dei casi non sono di questo tipo.

Un altro problema è che nei casi di Parkinson il paziente è consapevole che queste sono allucinazioni, mentre nei casi di Nde è consapevole di essere di fronte a un fenomeno reale. In effetti questo fatto potrebbe suggerire un differente tracciato neurale.

Una buona spiegazione in campo neuroscientifico non deve solo spiegare un singolo fenomeno, ma deve collegare i vari fenomeni e spiegare come possano verificarsi contemporaneamente.

FALSI RICORDI?

Un altra spiegazione proposta per le Nde è basata sul fenomeno dei falsi ricordi: essa sostiene che queste esperienze sono create dalla mente per spiegare la mancanza di coscienza. Questa spiegazione è stata proposta dal biologo P.Z. Myers, un noto scettico.

Myers affema che quando le persone ritornano in vita dopo la morte clinica e raccontano alcune situazioni sperimentate, non significa che durante il periodo di morte clinica siano state consapevoli, potrebbe essere solo una spiegazione del cervello per giustificare il periodo di incoscienza. In un articolo pubblicato su Slate, il biologo afferma che «questa è la risposta standard dei neuroscienziati su come il cervello funziona».

Questa spiegazione soffre degli stessi problemi principali, presenti nelle altre spiegazioni neuroscientifiche: circa metà delle Nde non accadono in situazioni di pericolo di vita, ciò significa che queste persone non sono assolutamente inconsapevoli e quindi non c’è alcun gap da giustificare.

L’altro problema è che in un primo momento una spiegazione basata sul fenomeno dei falsi ricordi sembra plausibile ma nella letteratura scientifica i falsi ricordi e gli eventi straordinari – entro cui una Nde dovrebbe essere considerata – accadono solo a persone con gravi problemi di memoria.

Le persone, che hanno recentemente subito dei traumi cerebrali e soffrono di problemi legati all’apprendimento di nuove informazioni e al ricordo di vecchie informazioni, a volte creano falsi ricordi per spiegare le cose. In alcuni casi essi sono abbastanza fantastici, come essere un pirata spaziale, tuttavia mostrano pochi punti in comune con le esperienze di tipo Nde.

La spiegazione ha altre debolezze, in primo luogo questo tipo di falsi ricordi spariscono col tempo, in secondo luogo i racconti spesso cambiano e per terzo essi non hanno il requisito dell’ineffabilità, un elemento caratteristico delle Nde, infatti nelle descrizioni di queste esperienze le persone cercano di spiegare cos’hanno sperimentato ma ammettono che le parole sono davvero inadeguate per descriverle.

Una spiegazione basata sui falsi ricordi è poco esaustiva: in un primo tempo può sembrare buona, ma non combacia con ciò che sappiamo sui falsi ricordi e non funziona per metà delle Nde.

È importante cercare di spiegare questi fenomeni utilizzando sistemi conosciuti, dato che non vogliamo accettare le cose in modo superficiale, ma dobbiamo anche riconoscere le debolezze di una spiegazione e quando essa proprio non funziona.

Articolo in inglese: Neuroscience Struggles to Explain Near Death Experiences
 
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