Donna cinese seviziata per anni dalla polizia

Dopo essere stata imprigionata e torturata per nove anni, una donna di Pechino è stata ustionata da «prodotti chimici sconosciuti», che le sono stati versati sulla testa dalla polizia. È stata presa di mira, racconta, perché pratica il Falun Gong, una disciplina di meditazione che fonda i suoi insegnamenti sui principi di verità, compassione e tolleranza.

Dal 1999, i praticanti del Falun Gong o Falun Dafa sono perseguitati dal Pcc e, per mano dei poliziotti cinesi, vengono torturati, imprigionati e picchiati. Secondo un recente studio, inoltre, subirebbero anche il prelievo forzato dei loro organi.

Yang Jinxiang ha raccontato la sua storia a a Minghui.org, un sito web che raccoglie informazioni sul Falun Gong e sulla persecuzione«Dall’inizio della persecuzione nel luglio 1999, la polizia mi ha arrestato più volte e ha saccheggiato la mia casa. La maggior parte delle volte la polizia non si è identificata, né ha mostrato alcun mandato di perquisizione».
Nel 2000, la polizia è piombata in casa della signora Yang e, oltre ad arrestarla, l’ha derubata dell’equivalente di circa 6 mila euro in contanti: «La polizia mi ha picchiato e percosso con bastoni elettrici, mentre tentava di costringermi ad autoincriminarmi», racconta.

Ha quindi passato il decennio successivo in carcere dove veniva privata del sonno, bagnata con acqua fredda in pieno inverno e le venivano «strappate le ciglia e i peli pubici».
«Una volta sono stata legata per un mese consecutivo distesa su un letto, fino a quando mi è uscito il sangue dalla bocca», racconta.

Il motivo di tanta crudeltà risiede nell’ossessione del Partito Comunista Cinese di voler mantenere il controllo ideologico sulla nazione, reprimendo qualsiasi forma di libero pensiero. Il Falun Gong, una forma di filosofia orientale che promuove il miglioramento morale e si prefigge il fine ultimo dell’Illuminazione (concetto tipico, tra gli altri, del Buddismo) era visto come una minaccia al monopolio ideologico dell’ateismo di Stato e, nonostante i praticanti di questa disciplina non avessero mai avuto, nemmeno alla lontana, alcun intento politicamente sovversivo, il regime li ha perseguitati e li perseguita tuttora con la consueta crudeltà già vista in passato, avendo cura di aggiornarla ai business macabri più in voga del momento.

Nel periodo in cui Yang era in carcere, ha tenuto uno sciopero della fame per protestare contro i trattamenti disumani e le torture che era costretta a subire; ma le guardie carcerarie hanno risposto ordinando ad altri prigionieri di tenerle la bocca spalancata e di alimentarla con la forza: il processo è stato volutamente violento, e, come conseguenza, ha perso molti dei suoi denti.

Nell’ulteriore descrizione del suo calvario, Yang denuncia: «Il cibo è sceso dalla mia bocca in gola mischiato a sangue e pus. Quando sono diventata ancora più debole, mi hanno portato in un ospedale. Mi sono rifiutata di lasciare che mi iniettassero di tutto e ho combattuto per respingerli. Ho iniziato a sanguinare dov’era conficcato l’ago e il sangue schizzava ovunque».
Dall’ospedale è stata rispedita nella sua cella nonostante non si fosse ancora rimessa: «Mi è stato negato l’uso della toilette e sono stata costretta a sporcare i pantaloni. Le guardie mi facevano sfilare davanti ad altri prigionieri per umiliarmi», scrive.

Durante il suo periodo detentivo, Yang non aveva il permesso di telefonare o di ricevere visite e nel frattempo la sua anziana madre, di 80 anni, è morta senza che lei potesse saperlo.

Proprio nel periodo in cui Yang raccontava a Minghui di non aver visto una prigione da diversi anni, a fine di maggio 2016 la persecuzione nei suoi confronti è ricominciata, ed è stata di nuovo arrestata.

«Per farmi tacere, hanno lasciato cadere una sostanza chimica sconosciuta sulla mia testa. Non potevo aprire gli occhi e a momenti soffocavo, e siccome non smettevo di gridare, la polizia mi ha afferrato la testa e me l’ha ripetutamente sbattuta su una scrivania. Mi hanno anche legato un pezzo di stoffa intorno al collo; poi – aggiunge – mi hanno ficcato un pezzo di straccio in bocca».

La polizia ha cercato di prelevarle il sangue perché – afferma Yang – serviva per verificarne la compatibilità con «potenziali riceventi di organi ai quali vendere gli organi a scopo di lucro».

Un rapporto pubblicato il 22 giugno ha stabilito che il regime cinese ha messo in piedi un’industria del trapianto di massa, i cui organi provengono dal prelievo forzato dai prigionieri di coscienza, principalmente praticanti del Falun Gong. Si stima che fino a 1,5 milioni di persone potrebbero essere state uccise per i loro organi negli ultimi 16 anni.

Durante l’esame del medico, i poliziotti, racconta Yang, «mi hanno coperto la bocca e strozzato il collo mentre mi tenevano la testa bassa. Il mio braccio era ricoperto di sangue. I medici si sono rifiutati di esaminarmi in quello stato, così la polizia ha dovuto riportarmi indietro».

La sostanza chimica che la polizia le ha versato in testa, ricadendole addosso ha trasformato la sua giacca bianca in nera: «Anche la pelle del mio viso era diventata scura – ricorda – e non appena la luce del sole mi ha colpito, la mia faccia ha iniziato a bruciare».

In conclusione, i funzionari del centro di detenzione non volevano prendersela in carico senza prima avere l’esito degli esami sanitari, anche perché lei continuava a gridare. Così è stata riportata di nuovo alla stazione di polizia di Yongning, a Pechino, che, non avendo posti liberi nelle celle, l’ha rispedita a casa.

Articolo in inglese: Beijing Woman Imprisoned for a Decade for Meditation, Later Burned With Chemicals

 
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