Dipendenza da droga. Come comportarsi?

Sebbene la psicologia non presenti una tradizione consolidata di ricerche riguardati l’abuso di sostanze stupefacenti, non per questo gli studi comportamentali e sulle dipendenze sono esenti dal poter aiutare nella consapevolezza e nella prevenzione di questi problemi, che affliggono i giovani quanto gli adulti.

Quello della droga è un problema tristemente tornato di attualità, dopo la notizia della morte di un altro giovane, questa volta nel Salento, dopo una serata in discoteca. Si tratta del 19enne Lorenzo Toma di Lecce, che dopo essere uscito dal Guendalina, si è accasciato a terra e non si è più rialzato. I soccorsi prima e dopo l’arrivo dell’ambulanza non sono serviti a molto. Quanto all’esatta causa della morte, per ora si parla solo di una bibita ghiacciata, per cui fino all’autopsia non si potrà sapere di più.

Quella della tossicodipendenza, è una problematica tutt’altro che circoscritta: «È una questione sociale – afferma la dott.ssa Merici, psicologa e psicoterapeuta a Milano – Il rapporto con le dipendenze che portano a problemi comportamentali è incrementato con l’evoluzione della società». Questo diventa ancora più evidente quando la tecnologia e internet contribuiscono al divario tra «figli e genitori che non si comprendono». E se si tratta di una questione sociale, ci va di mezzo anche la famiglia.

In questo senso è intervenuta anche la famiglia di Lamberto Lucaccioni, il 16enne morto per ecstasy dopo una serata al Cocoricò, citata da Adnkronos: «il coraggioso, consapevole e determinato provvedimento assunto dal questore Maurizio Improta [il questore di Rimini che ha chiuso il Cocoricò, ndr] non può di certo da solo risolvere in venti giorni il problema dei decessi di giovani in Italia per droga, ma di certo tale provvedimento, ritenuto pienamente legittimo dal TAR Emilia Romagna, può costituire un ottimo precedente per dare impulso ai questori di tutta Italia, colleghi del dottor Improta, di emettere altrettanti provvedimenti in casi analoghi fino a giungere, perché no, a un intervento legislativo da parte del nostro Parlamento, per stringere le maglie del traffico di stupefacenti e aumentare i controlli nelle discoteche ritenute più a rischio».

Un tema più che mai importante, soprattutto quando quasi un adolescente su due ha fatto uso di stupefacenti. Lo rivela uno studio del San Raffaele in Italia, Germania e Francia. L’età in cui si prova per la prima volta la droga si è abbassata costantemente: per il 12 per cento dei giovani è di 14 anni. Sebbene questo contrasti con i dati del Ministero dell’Interno (pubblicati sul sito delle Politiche anti droga), secondo cui i decessi attribuiti a intossicazione sono calati negli ultimi dieci anni, ciò non toglie che sia fondamentale rimodellare un piano di aiuto nei confronti delle famiglie.

Questo perché, da un punto di vista medico e neuroscientifico, «le droghe hanno un effetto atrofizzante rispetto al rinnovamento delle cellule cerebrali. Se si guarda la risonanza magnetica di un adolescente ‘post-droghe’ si vedono meno connessioni sinaptiche». Il cervello si comporta come una spugna: «con le droghe si secca».

Quindi cosa si può fare? Da un lato la terapia di gruppo permette di affrontare in maniera aperta l’abuso e la dipendenza di droghe, perché grazie all’aiuto degli altri, alla vicinanza e alla consapevolezza di sé, è realmente possibile cambiare tipo di ‘divertimento’. Dall’altro, secondo la dottoressa Merici, «andrebbe fatto quello che si fa in altri Paesi, e gli anglosassoni su questo hanno qualcosa da insegnarci: bisogna fare educazione psicologica e affettiva. Ma bisogna cominciare presto, perché altrimenti non è più prevenzione».

 

 
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