Digiuno intermittente, la scienza del ritorno all’alimentazione ancestrale

Quando si parla di alimentazione solitamente l’attenzione viene posta su qualità e quantità dei cibi: mangiare alimenti il più naturali possibile e assumere le calorie necessarie per l’organismo senza eccessi, sono due ottimi suggerimenti che ormai tutti conoscono per vivere in forma e in salute.

Ma esiste un terzo fattore che solitamente non viene preso in considerazione: l’assunzione temporale. Il cosiddetto ‘digiuno intermittente’ gioca proprio su questo fattore, e negli ultimi anni sta diventando sempre più popolare, anche tra gli sportivi.
Epoch Times ha intervistato Fabio Piccini, medico e psicoanalista con dottorato in scienze della nutrizione: tra le sue numerose attività, il dottor Piccini è anche consulente in disordini alimentari e obesità.

Dottor Piccini, cos’è il digiuno intermittente e in che cosa consiste?

Per definizione il digiuno intermittente è una strategia nutrizionale. Consiste nel fare dei digiuni in modo intermittente, ossia non per più giorni continuativamente ma semplicemente allungando la durata di ore nel corso del quale la persona rimane senza mangiare, fatta eccezione per l’assunzione di liquidi senza calorie e valori nutrizionali. Vanno bene quindi le tisane e il tè; ma un centrifugato o un estratto no poiché forniscono all’organismo una serie di sostanze da elaborare che ‘accendono’ il motore metabolico. L’obiettivo è invece spegnere il metabolismo dell’assorbimento intestinale.

Esistono differenti metodi di applicazione?

Assolutamente sì. Curiosando su internet si scopre che ciascuno dice la sua. Il digiuno intermittente è una strategia nutrizionale che cerca di recuperare una tecnica fondamentale nell’alimentazione umana, ossia mangiare il cibo disponibile quando era disponibile. Questo succedeva prima dell’avvento dell’agricoltura e della pastorizia, quando l’uomo viveva come cacciatore-raccoglitore.

Che cosa consiglia a una persona che vuole provare autonomamente questa strategia alimentare?

Innanzitutto un check-up metabolico per accertarsi che non siano presenti problemi; se esistono, è necessario discutere con il proprio medico l’eventualità e l’opportunità di sperimentare il digiuno intermittente. In secondo luogo, non consiglio questa tecnica a una donna in stato di gravidanza accertata, né a un bambino oppure a persone con particolari malattie metaboliche o con storie di disturbo del comportamento alimentare, se non sotto supervisione specialistica.
Eccetto questi casi, il metodo più facile per testare il digiuno intermittente consiste nell’allungare la durata del digiuno fisiologico che ogni persona normalmente sperimenta durante il sonno, prolungando il digiuno notturno. Questo si può fare in due modi: saltare o ritardare la colazione oppure saltare o anticipare la cena. Queste due cose possono essere fatte anche assieme. In questo modo si ‘allarga la forbice temporale’.

Qual è il minimo di ore in cui stare a digiuno?

Almeno 14 ore, ma anche 16 ore.

In questo modo, il corpo entra in un differente stato metabolico?

Esatto. Si tenga presente che l’uomo ha forgiato la sua genetica avvalendosi di uno stile alimentare che non più è quello di oggi. La moda dei tre pasti e tre spuntini è degli ultimi 30 anni. Prima non esisteva poiché mancavano le risorse.

Nell’antichità l’uomo mangiava meno?

Sì molto meno poiché doveva passare la sua giornata a procurarsi cibo. Mangiava una o due volte al giorno, spesso una volta dopo le attività di raccolta del cibo.

Si sta riferendo dell’uomo primitivo?

Se si osservano le ultime tribù di cacciatori-raccoglitori, quasi tutti mangiano tendenzialmente di sera dal momento che passano la giornata a cercare cibo. La scoperta dell’agricoltura e della pastorizia ha permesso lo sviluppo della civiltà poiché molte persone non dovevano più preoccuparsi di cercare cibo e potevano permettersi di fare altre attività non più legate al procacciamento di cibo come i falegnami e i fabbri.

Nel digiuno intermittente la scelta degli alimenti è libera?

In accordo alla cultura originaria dell’uomo, la risposta corretta è mangiare naturale, salutare e organico, indipendentemente dal fatto che si mangi ogni 3 o 13 ore. Questo è il buon senso che io raccomanderei a tutti quelli che vogliono sopravvivere a questa attuale deviazione negativa della civiltà alimentare, della cultura alimentare. Senza andare troppo indietro nel tempo, i nostri nonni non riconoscerebbero molte sostanze presenti nelle etichette dei cibi.

Quali sono gli effetti curativi e preventivi sulle malattie?

Esiste una quantità notevole di letteratura scientifica che afferma come il digiuno intermittente, dal punto di vista della salute, procuri due benefici: salute metabolica e cognitiva. Per prima cosa migliora quindi le alterazioni metaboliche come obesità, diabete e patologie correlate e poi quelle cognitive come la demenza senile e l’Alzheimer.

Ovviamente, è evidente che un paziente affetto da diabete debba ricorrere a uno specialista nella strutturazione di un corretto piano alimentare di digiuno intermittente. In questo caso, attraverso il digiuno intermittente, la ‘partita è vinta’; ma se è lo stadio è avanzato occorre valutare lo stato metabolico poiché in questi casi l’organismo non riesce più ad attivare determinati meccanismi genetici e in quel caso non si può fare più niente. Tuttavia, se il digiuno intermittente viene adottato nelle fasi iniziali della malattia è una strategia vincente.
Porto un esempio: un mio paziente, i cui valori di glicemia e la sua storia famigliare lasciavano presagire da lì a qualche anno un caso di diabete, attraverso tre mesi di rimodellamento dell’alimentazione ha ripreso a praticare tennis per 2/3 ore alla settimana senza problemi; all’inizio non riusciva nemmeno a recuperare da un’ora di gioco. Ma era una situazione in fase iniziale: se fosse stato un diabetico in fase avanzata, un insulino-dipendente, non sarebbe stato possibile.

Questo vale anche per l’Alzheimer. Dal punto di vista cognitivo, restrizione calorica e digiuno intermittente risultano equivalenti come efficacia. Per esempio nelle giovani anoressiche, durante la fase iniziale prima che il corpo cominci ad autocannibalizzarsi [quando consuma muscoli per nutrirsi, ndr], si riscontra un periodo di aumentate capacità cognitive in cui prendono buoni voti a scuola.

Come mai si sperimenta un miglioramento delle capacità cognitive?

Perché vengono attivate una serie di vie metaboliche finalizzate a migliorare la performance fisica e cognitiva. A pancia vuota, l’unica possibilità di non morire è riuscire a procurarsi una preda e per farlo occorre essere più forti, lesti e attenti. Per fare un’analogia, durante la caccia i cani mangiano dopo la battuta.

Digiuno intermittente e sport possono andare a braccetto?

In sport di velocità e potenza è molto efficace, in quelli di resistenza occorre calcolare la durata della prestazione atletica. Su Pubmed si possono leggere studi condotti su ogni tipologia di popolazione – sportivi amatoriali e professionisti – che non hanno riscontrato particolari anomalie.

Si dice che durante un digiuno il metabolismo si abbassa. Cosa succede nel digiuno intermittente?

Il termine abbassare in questi casi è scivoloso poiché si presta a cattive interpretazioni. Quando l’organismo è a corto di nutrienti e calorie, il corpo reagisce entrando in modalità di risparmio. Quindi è vero che in termini assoluti si abbassa, ma certamente non si spegne o si blocca; semplicemente ‘scala di marcia’. Certamente se una persona non mangia, l’unico modo per il corpo di alimentarsi è bruciare le proprie riserve stoccate e a quel punto brucia grasso, che è la cosa più semplice per l’organismo.

Nel digiuno intermittente esiste il rischio di perdere massa muscolare?

Se è intermittente no. Tant’è vero che si usa per la ricomposizione corporea dello sportivo, come per esempio chi deve rientrare nelle categorie di peso e non si può permettere un calo delle performance. Certamente deve essere un digiuno intermittente e non un digiuno fatto negli ultimi tre giorni.

Si può praticare solo qualche giorno alla settimana?

Si pratica nel modo più irregolare possibile poiché l’organismo si adatta a qualsiasi abitudine.

Come si ‘struttura’ questa irregolarità?

In teoria si mangia quando si ha voglia o quando fa comodo oppure adottando diversi protocolli. Si possono quindi cambiare orari, tipi di nutrienti, in certi casi si può adottare una restrizione calorica al posto del digiuno intermittente. Ho scritto un paio di libri in cui spiego questi protocolli ‘irregolari’; dopo un po’ i lettori imparano a costruirsene uno in base alla propria esperienza.

È quindi importante non dare al corpo dei punti di riferimento.

Esatto perché il digiuno intermittente funziona come uno stress acuto intermittente; viene definito uno stimolo ermetico. Se invece lo stress è cronico e continuo, il discorso cambia; il corpo è stato forgiato da stress acuti e intermittenti. Portando l’esempio dell’uomo primitivo, quando un animale lo inseguiva, questo era uno stress acuto poiché dopo qualche minuto l’animale ti avevo predato oppure no. In chiave moderna, sopportare continuamente un capoufficio sgradevole è uno stress cronico. Il primo è uno stress che rende più forte, l’altro indebolisce poiché devasta il sistema neuro-endocrino-immunitario.

Nel digiuno intermittente, immagino che i pasti siano più corposi poiché le stesse calorie vengono assunte in meno assunzioni. Esiste il rischio di andare incontro a un aumento del carico glicemico?

Questo dipende dai nutrienti assunti.

C’è il rischio di provare la fame?

Nella mia esperienza direi di no, fatta eccezione per individui con problemi metabolici che devono essere seguiti da uno specialista.

Un atleta può allenarsi a digiuno?

Sì, salvo che non sia un’attività di endurance. In caso di attività brevi e intense, di circa un’ora di durata, non ci sono problemi.

In questa strategia alimentare si salta tranquillamente la colazione. Eppure si sente spesso dire che rappresenta il pasto principale della giornata.

Nessuno si è mai preoccupato da dove nasca questa teoria. Personalmente, considero il buon senso e la storia evolutiva dell’uomo. Nel 1600 la colazione la facevano solo i ricchi, in particolar modo le donne poiché gli uomini andavano a caccia; era uno ‘sport’ da ricchi. Se l’uomo non ha mai fatto la colazione, tanto male non deve fare. Non credo sia sostenibile affermare che la colazione è un pasto fondamentale, salvo che non si debbano vendere merendine e biscotti.

Come vede i cereali a colazione ricchi di carboidrati?

Sono pieni di porcherie. Tra l’altro non sono carboidrati generici, ma pieni di zuccheri.

Il digiuno intermittente riduce anche il desiderio di cibo?

Assolutamente sì, poiché l’organismo produce una serie di neuromediatori che agiscono sulla fame.

Immagino quindi che l’organismo si sintonizzi meglio sulla fame fisica rispetto a quella psicologica, ossia il desiderio di cibo?

Sì, sempre che non si parta da un disturbo alimentare, che costituisce in questo caso uno dei criteri di esclusione.

È vero che con questa strategia alimentare si può ottenere maggiore concentrazione mentale, creatività, apprendimento e il miglioramento della qualità del sonno?

Assolutamente sì, a meno che nel digiuno intermittente non si seguano eccessive restrizioni caloriche, dove a quel punto subentra la fame.

Sul web, nella presentazione del suo libro La dieta più antica del mondo, c’è scritto che l’industria alimentare tiene nascosti i benefici del digiuno. Può spiegare questo punto?

Il digiuno non è un qualcosa di popolare. Compiere studi sul digiuno intermittente è difficile poiché solitamente i fondi vengono dati da un’azienda, che chiaramente non può ottenere alcun guadagno da qualcosa che non si vende, come appunto il digiuno. A ‘vendere’ il digiuno potrebbe essere un’azienda sanitaria, ma mai dei fondi privati che per esempio hanno sovvenzionato studi secondo cui lo zucchero faccia bene; di recente delle prove hanno dimostrato come la sua salubrità sia stata falsificata da 50 anni, una notizia comparsa di recente.

Il digiuno intermittente aiuta invecchiare bene?

Sicuramente sì. Esistono molti studi come quello condotto a due gemelli macachi, seguiti dall’età adulta: uno poteva mangiare liberamente, l’altro è stato sottoposto a restrizione calorica, partendo dal presupposto che fosse equivalente al digiuno intermittente. Attraverso fotografie e video, si è visto come nel giro di 4/5 anni il primo appariva malandato con lo sguardo spento, l’altro sembrava avesse diversi anni in meno con sguardo lucido, pelo fulvo e in perfetta forma. Questi studi sono stati condotti anche su esseri umani e la conclusione è stata uguale.

Il digiuno intermittente si struttura in base agli obiettivi? Faccio un esempio: in caso di dimagrimento si mangia in ipocalorica, se si vuole mantenere il peso si adotta un regime normocalorico e per aumentare di massa muscolare si adotta un’ipercalorica. È corretto?

Non necessariamente. Certamente uno sportivo che vuole aumentare la massa muscolare si deve cautelare di mangiare abbastanza. E in caso di dimagrimento se volessi fare una ‘partenza mostruosa’ a una persona, gli farei adottare un digiuno intermittente con restrizione calorica; in questo caso dimagrirebbe qualsiasi soggetto, ma non è detto che sia utile. Questo perché l’obiettivo è trovare una strategia alimentare da seguire per tutta la vita. Non vedo quindi il motivo di stressare inutilmente l’organismo.

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