Da Newton ad Einstein, il viaggio nel tempo della Relatività Generale

Cento anni fa, nel novembre del 1915, Albert Einstein presentava all’Accademia Prussiana delle Scienze la sua nuova Teoria della Relatività Generale. Una teoria che si è poi rivelata un grande successo. La Relatività Generale è stata costruita sulla Relatività Speciale di Einstein, che ha fornito le soluzioni per alcuni dei più grandi enigmi della fisica teorica del XIX secolo.

Quindi, al fine di cogliere il senso e il significato della relatività generale, vale la pena riflettere sullo stato della fisica nel XIX secolo per vedere come Einstein si sia reso conto che lo spazio, il tempo e la geometria non sono assoluti, ma dipendono dall’ambiente fisico.

LA BELLEZZA DELL’INVARIANZA

Nel XVII secolo, Newton aveva sviluppato una serie di equazioni che descrivevano le proprietà fisiche del mondo che ci circonda. Queste equazioni erano di grande successo, dalla descrizione del volo di una palla di cannone, al moto dei pianeti.

Avevano anche una proprietà molto interessante: tutti gli osservatori, indipendentemente dal fatto che si muovano oppure no – ossia, indipendentemente dal ‘sistema inerziale’ in cui si trovano – sono equivalenti quando si tratta della loro descrizione del mondo che li circonda. Quindi due individui che siano in movimento verso direzioni differenti dovrebbero vedere che gli eventi si svolgono nello stesso modo.

Anche se formalmente queste persone dovessero vedere le cose in un modo diverso – uno potrebbe dire che le cose si muovono da sinistra a destra, mentre l’altro che si spostano da destra a sinistra – la descrizione fondamentale dell’evolversi della situazione rimarrebbe comunque la stessa, e le leggi della fisica individuate da questi individui avrebbero letteralmente la stessa forma.

Ma nel XIX secolo, la gente ha iniziato a notare che non tutto è in accordo con questa regola.

PROBLEMI CON L’ELETTROMAGNETISMO

Il XIX secolo è stato un periodo di ampio studio dei fenomeni di elettricità, magnetismo e luce. Nel 1865 James Clerk Maxwell ha pubblicato una serie di equazioni che combinavano tutti questi fenomeni in un unico fenomeno: l’elettromagnetismo.

Subito dopo la scoperta di Maxwell, si è capito che c’è qualcosa di strano nelle sue equazioni: la loro forma cambia quando si passa da un sistema inerziale a un altro. Quindi, un individuo che non è in movimento può osservare dei fenomeni fisici in maniera piuttosto differente rispetto a uno in movimento. Tutta la bellezza dell’invarianza e dell’irrilevanza degli osservatori a cui si era abituati nella fisica newtoniana non c’era più. Ora sembrava alcuni fotogrammi fossero preferibili ad altri quando si trattava di descrivere gli eventi in natura.

Poi, alla fine del XX secolo, è stata scoperta una nuova trasformazione matematica che avrebbe potuto conservare la struttura delle equazioni di Maxwell quando ci si sposta da un fotogramma all’altro. Anche se a contribuire alla scoperta sono state molte persone, ora ci si riferisce a essa come alla ‘trasformazione di Lorentz’.

La trasformazione di Lorentz era diversa dalla trasformazione standard dei sistemi inerziali che erano stati utilizzati nella fisica newtoniana, in cui lunghezza e tempo sono assoluti; quindi la lunghezza di un oggetto in un sistema è uguale alla lunghezza di tale oggetto in un altro sistema. Inoltre, il tempo passa allo stesso modo in un sistema come nell’altro. Tuttavia, se presa alla lettera, la trasformazione di Lorentz implica che il tempo e la durata in realtà cambino a seconda del sistema di riferimento.

PRINCIPIO DI RELATIVITÀ

Questo ha portato Einstein a chiedersi se la trasformazione che ha conservato la struttura delle equazioni di Maxwell fosse solo un trucco matematico o se ci fosse qualcosa di fondamentale. Si è chiesto se il tempo e lo spazio fossero assoluti, o se il principio di invarianza delle leggi della fisica dovesse essere di primaria importanza.

Nel 1905, Einstein ha deciso che era l’invarianza delle leggi della fisica a dover avere uno status più elevato, e così ha postulato il principio di relatività, secondo il quale tutti i sistemi inerziali sono equivalenti, il movimento dell’osservatore (con velocità costante) è irrilevante, e tutte leggi della fisica devono avere la stessa forma in tutti i sistemi inerziali.

Se combinato con l’elettromagnetismo, tale principio richiederebbe che la trasformazione da un sistema inerziale all’altro debba avere una struttura come la trasformazione di Lorentz, il che significa che il tempo e lo spazio non sono più assoluti e che modificano le loro proprietà nel passaggio da un sistema inerziale all’altro.

E PER QUANTO RIGUARDA LA GRAVITÀ?

Nel 1907 Einstein si è reso conto che la sua teoria non era completa. Il principio della relatività era applicabile solo agli osservatori in movimento con una velocità costante. Inoltre, non si adattava alla descrizione Newtoniana della gravità.

Einstein, essendo un funzionario dei brevetti, non ha avuto accesso alle attrezzature di laboratorio. Per compensare, ha dovuto impegnarsi in ‘esperimenti’ mentali. Ha preso in considerazione diversi scenari nella sua testa e ha lavorato attraverso di loro, passo dopo passo. Questi esperimenti mentali gli hanno mostrato come la gravità non sia differente dall’accelerazione, per cui stare fermi e in piedi sulla Terra è proprio come stare in piedi su un razzo che va a un’accelerazione costante di 1G.
Inoltre è emerso che l’osservatore accelerato vede le proprietà geometriche fondamentali cambiare. Ad esempio, il numero π (una costante matematica) non può più essere definito come il rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro.
Così non solo il tempo e lo spazio hanno perso il loro significato assoluto, ma Einstein si è reso conto che anche la geometria in sé non era assoluta e avrebbe potuto essere suscettibile di condizioni fisiche.

LA STRADA VERSO LA RELATIVITÀ GENERALE

Tutto questo ragionamento ha convinto Einstein che la geometria dello spazio-tempo e dei processi fisici che avvengono nello spazio-tempo, sono legati tra loro e si possono influenzare a vicenda. Inoltre ha condotto a una conclusione sorprendente: quello che percepiamo come la gravità è solo una conseguenza del movimento attraverso lo spazio-tempo. Maggiore è la curvatura dello spazio-tempo più forte sarà la gravità.

Ci sono voluti otto anni perché Einstein trovasse la relazione tra la geometria dello spazio-tempo e la fisica. Le equazioni che ha presentato nel 1915 hanno portato non solo a un’interpretazione completamente diversa degli eventi intorno a noi, ma hanno anche fornito una spiegazione per alcuni fenomeni sconcertanti o che ancora si devono da scoprire: dall’orbita anomala del pianeta Mercurio, alla curvatura della luce da parte della gravità del Sole, al predire l’esistenza dei buchi neri e l’espansione dell’universo.

È stata una strada accidentata quella che ha visto passare dalla fisica Newtoniana alla relatività ristretta e quindi a quella generale. Ma ogni passo, guidato dall’intuizione di Einstein, ha spinto inesorabilmente l’umanità verso un quadro dell’universo che persiste ancora oggi.

 

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato da TheConversation.com, e scritto da Krzysztof Bolejko, cosmologo dell’Università di Sydney.

 
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