Da morto, Boris Nemcov incarna la speranza di una Russia migliore

Boris Efimovi? Nemcov è stato ucciso poco prima della mezzanotte del 27 febbraio 2015. La morte di Nemcov si è rivelata sia il culmine che la continuazione della sua straordinaria vita politica.

Ho incontrato Nemcov per la prima volta nel 1992 nel suo ufficio nel Cremlino di Nižnij Novgorod. Partecipava a un meeting con una delegazione della Banca Mondiale, alcuni mesi dopo che era stato nominato governatore dell’omonima divisione amministrativa da Boris Eltsin.

Nemcov non si conformava per nulla allo stereotipo posato di un governatore. Era un fisico di soli 32 anni con una certa esperienza nell’attivismo ambientale e un breve periodo trascorso come consigliere comunale dopo le prime elezioni democratiche del 1990. Si sedeva in posizione scomposta come uno studente e parlava apertamente senza utilizzare né le frasi fatte del tradizionale burocrate sovietico, né il gergo dell’ideologo riformatore del mercato.

Sul tema della crisi finanziaria – molto peggio di quella di questi giorni – ricordo che disse con disarmante onestà: «A volte mi ritrovo semplicemente a guardare fuori dalla finestra e chiedermi che cosa faremo, come ci prenderemo cura delle persone quando il denaro scarseggerà – e la folla verrà a cercarci?»

Alla fine Nemcov si stava rivelando come uno dei governatori post-comunisti di maggior successo della Russia. All’atto dell’insediamento dichiarò immediatamente che Nižnij Novgorod sarebbe stata il «laboratorio delle riforme».

VENUTO SU DAL NULLA

Sia Mosca che San Pietroburgo hanno preso solitamente il comando di qualsiasi riforma importante. Ma nel 1992 i riformatori al potere di entrambe le capitali sono rimasti impantanati nei dibattiti e nelle divisioni politiche. Nemcov vide la possibilità di farsi strada e fece intervenire la Società finanziaria internazionale della Banca Mondiale. Con il loro aiuto ha promosso il primo programma di privatizzazione nell’ex Unione Sovietica.

Tuttavia Nemcov non ha aderito al modello semplicistico della politica economica del non intervento, allora in voga nei circoli di riforma. Ha dato avvio a molti programmi per cercare di salvare le imprese di Nižnij Novgorod dell’era sovietica e ha portato innovazioni nel campo della riforma fondiaria enfatizzando l’equità e la ridistribuzione così come l’efficienza.

Sotto Nemcov, Nižnij Novgorod ha iniziato a riscoprire la sua tradizione commerciale pre-rivoluzionaria, simboleggiata dalla riapertura del mercato della città, un tempo molto noto.

Nemcov differiva da molti colleghi riformatori non solo nel suo interessamento nel mitigare gli effetti sociali della mercatizzazione, ma anche nel favorire la riaffermazione della ‘piccola patria’ della provincia, della città e del villaggio. Sarebbe stato adeguato che la sua autobiografia del 1997 si fosse intitolata Provintsial (un provinciale), adottando con orgoglio quello che in russo è solitamente un termine peggiorativo.

AMICI ALL’ESTERO

Nemcov ha avuto uno spiccato orientamento filo-occidentale, soprattutto anglofilo, del quale non ha mai dubitato. I nazionalisti spesso lo consideravano come un agente dell’Occidente, dimenticando che nei primi anni 90 l’istintivo occidentalismo di Nemcov era indiscutibile. Tutti volevano gli aiuti e il partenariato dell’Occidente; era semplicemente più veloce e più abile nel costruire legami con i donatori e i governi occidentali rispetto ai suoi concorrenti.

L’idea che ci potesse essere una tensione tra l’essere filo-occidentale e un russo patriottico non ha avuto risposta nella politica di élite della corrente principale fino a molto tempo dopo, in particolare in seguito alla crisi del Kosovo della fine degli anni 90. Da parte sua Nemcov rimase fedele agli ideali dell’amicizia russo-occidentale dei primi anni 90 fino alla fine, quando ormai tali opinioni erano in netta minoranza.

Gli occidentali hanno ricambiato l’entusiasmo di Nemcov sin dall’inizio. Nel 1993 Margaret Thatcher fece notoriamente una deviazione di programma per fargli visita a Nižnij Novgorod – a dire il vero è stato un momento simbolico considerato che la città è stata a lungo chiusa agli stranieri.

Il suo confortevole fascino e la sua aria autoritaria distaccata facevano sì che molti, sia in patria che all’estero, lo vedessero come un futuro presidente già nel 1992. Tuttavia non è insolito per un politico locale o regionale di successo riscontrare difficoltà nel riprodurre il proprio successo a livello nazionale – e questo era esattamente il destino di Nemcov.

AMICI E NEMICI

Sebbene Nemcov sia stato a lungo visto come il possibile successore di Eltsin, gli mancava proprio il supporto dei sostenitori di cui avrebbe avuto bisogno. Era incontaminato dai peggiori aspetti degli anni 90, ma questo non era esattamente un vantaggio elettorale. Il suo esplicito criticismo nei confronti di uomini ricchi e influenti come Boris Berezovsky e sindaco di Mosca Yury Luzhkov significava che non avrebbe mai ottenuto il sostegno dell’élite per attuare una considerevole campagna presidenziale nel momento in cui era ancora abbastanza popolare per vincere.

Inizialmente, come molti riformatori, ha approvato l’ascesa di Putin alla presidenza, ma presto ha cambiato opinione. La maggior parte di loro non lo ha fatto e per un certo numero di anni la prosperità e la stabilità del regime di Putin hanno lasciato i dissidenti, quali Nemcov, sempre più emarginati.

Inoltre la condizione personale di Nemcov era adeguata almeno per provare a candidarsi per la presidenza – e quando infine si è candidato nel 2009 come sindaco di Sochi è arrivato secondo con il 14 per cento, a fronte di un chiaro pregiudizio da parte dei media e di presunte irregolarità di voto.

Senza alcuna possibilità di una carriera parlamentare o governativa convenzionale, Nemcov ha trascorso gli ultimi anni come attivista di strada e oratore, e come membro del consiglio locale di Yaroslavl, dove era stato eletto dopo un programma anticorruzione. Sia nel 2005 che nel 2013-14, è stato particolarmente audace nell’adottare la causa della Rivoluzione arancione in Ucraina. Questo in Russia gli è valso una diffusa infamia e l’inclusione tra quei personaggi definiti una ‘quinta colonna’ che complottava contro il governo di Putin.

Nemcov, rimanendo fedele agli stessi principi che ha incarnato nei primi anni 90, non ha mai visto incompatibili l’essere un patriota russo e un amico dell’Ucraina, così come essere sia un patriottico russo che un occidentalista.

Quando finalmente tornerà la pace nel rapporto tra Russia e Ucraina, il ruolo di Nemcov, definito un ‘ponte tra i due Paesi’ dal presidente ucraino Petro Poroshenko, potrà avere dopo la sua morte un potere ancora più simbolico di quanto lo sia stato quando era vivo.

IN PACE CON SE STESSO

Dal 2000 la versione ufficiale ha denigrato gli anni 90 (non senza ragione) come un momento di caos e sofferenza, un ‘nadir’ in cui alla Russia non deve mai più essere permesso di affondare. Tuttavia adesso la Russia sta entrando in una nuova crisi economica, tanto che la narrativa ufficiale ha cominciato a logorarsi.

Se la Russia dovesse scampare alla tempesta, potrebbe rivelarsi necessario rispolverare alcuni dei contenuti politici scartati negli anni 90 – il decentramento, il pluralismo, la concorrenza, la diversificazione, il localismo. Inoltre la morte di Nemcov, l’ultima ampiamente rispettata voce degli anni 90, potrebbe contribuire a disinnescare alcune delle tensioni intorno al lascito di quel decennio, in modo che la Russia possa finalmente andare avanti.

In qualità di icona nazionale, Nemcov adesso ha preso il posto accanto a Vladimir Vysotsky e Andrei Sakharov – russi che persino da morti incarnano quei valori che il popolo russo aveva temuto di perdere e i cui funerali sono ricordati come eventi che caratterizzano le loro epoche.

Nel 1992 John Major, uno degli amici inglesi di Nemcov, suscitò molto divertimento nell’alludere alla Gran Bretagna come a «una Nazione in pace con se stessa». Tuttavia, come Nemcov comprendeva, questo è esattamente ciò che stava mancando alla Russia. E questo è ciò che la vita di Nemcov sembrava promettere.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su The Conversation. Leggi l’articolo originale.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

Immagine dei colori delle bandiere dell’Unione europea, dell’Ucraina e della Russia fornita da Shutterstock.

Articolo in inglese: ‘In Death, Boris Nemtsov Embodies the Hope of a Better Russia

 
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