‘Curarsi’ con il sole

Senza il Sole, non c’è vita. Riscalda l’atmosfera e gli oceani e fornisce energia alle piante che producono ossigeno e cibo. Ma il sole influenza anche la mente e il corpo e la scienza sta cominciando ad apprezzarne le virtù.

Nella Storia, diversi popoli hanno venerato il sole e lo hanno anche adorato come divinità: per gli antichi greci, il dio del sole era Apollo che, tra le altre cose, aveva insegnato agli uomini l’arte della medicina.

Nei tempi moderni alcune cose sono cambiate e la Rivoluzione industriale ha mostrato come il sole sia importante per la salute umana. Le fabbriche hanno certamente aumentato la produzione, ma nel frattempo molte città erano coperte da folte nubi composte da fuliggine e smog, che bloccavano i raggi solari. In seguito, i medici di tutto il mondo occidentale hanno cominciato a osservare che i bambini nati e vissuti in campagna si sviluppano normalmente, mentre quelli della città sono colpiti da rachitismo, una malattia devastante che causa debolezza e deformazione alle ossa. In pratica, il corpo è affamato di sole.

Oggi sappiamo che i rachitici presentano una carenza di vitamina D, a volte conosciuta come la ‘vitamina del Sole’. In realtà la vitamina D è ormone, con una formula chimica simile all’estrogeno e al cortisolo. I nostri corpi non riescono a produrre da soli questa vitamina, ma possono sintetizzarla quando la pelle è esposta alle radiazioni ultraviolette.

I medici dell’antichità non conoscevano questo ormone, ma erano ben consapevoli dei poteri curativi dell’aria fresca e del sole. Ippocrate, padre della medicina, aveva ideato dei regimi di esposizione al sole per trattare vari disturbi, che venivano prescritti fino alla fine del 1800 per curare i pazienti affetti da tubercolosi e altre malattie.

Eppure, fin dalla scoperta della vitamina D è stata maggiormente enfatizzata l’integrazione rispetto alla luce solare. Pochissimi alimenti (in gran parte il pesce) contengono vitamina D perciò, a partire dagli anni 30, i produttori di alimenti hanno arricchito latte, succhi e cereali di questa vitamina per contrastare il rachitismo. Una malattia certamente debellata, ma secondo una nuova scuola di pensiero i vantaggi del sole vanno ben oltre delle pillole.

SENSIBILITÀ ALL’ESPOSIZIONE

Per gran parte del Novecento, si diceva di evitare il sole per evitare il rischio di contrarre il cancro e arrecare danni alla pelle. I dermatologi, avvalendosi di decenni di ricerca, mettono in guardia sull’esposizione solare diretta, mentre gli esperti incoraggiano l’assunzione di vitamina D da integratori e cibi.

Ma questa nozione, secondo le ultime ricerche, sta cambiando così come il collegamento tra esposizione al sole e cancro. Due studi in particolare, pubblicati sul Journal of the National Cancer Institute, hanno riferito che le persone esposte quotidianamente al sole presentano un rischio minore di contrarre il linfoma non-Hodgkin. È stato inoltre osservato un aumento dei tassi di sopravvivenza nei pazienti con melanoma precoce.

Queste ricerche hanno indotto quelle organizzazioni che mettevano in guardia sull’esposizione solare (come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Associazione britannica dei dermatologi) ad adottare un approccio più equilibrato. Anche in Australia, nazione con il tasso di melanoma più elevato al mondo, il Cancer Council raccomanda ora una corretta esposizione. La logica dietro questo cambio di pensiero è che piccole esposizioni di luce solare aiutano il corpo a difendersi meglio dagli effetti dannosi del sole.

Il dottor Michael Holick, endocrinologo specializzato in vitamina D presso il Boston Medical Center, è un grande sostenitore dell’integrazione ma ritiene il sole insostituibile. «Questa fobia del sole è stata promossa per così tanto tempo. Ma la raccomandazione di astenersi all’esposizione dei raggi diretti per tutta la tua vita sfida una sana logica».
Sebbene evitare il sole possa abbassare il rischio di cancro alla pelle, Holick ritiene che aumenti anche il rischio di altre malattie, come il cancro al seno, le malattie cardiache e il cancro del colon.

Un tema estremamente controverso nella medicina moderna. Nel libro del 2004 The UV Advantage: The Medical Breakthrough That Shows How to Harness the Power of the Sun for Your Health [Il vantaggio dei raggi Uv: la scoperta medica che mostra come sfruttare la potenza del sole per la salute, ndt], Holick ha suggerito che le persone dovrebbero esporsi direttamente al sole per 5/10 minuti due o tre volte alla settimana. I suoi superiori all’Università di Boston gli hanno detto di respingere questa sua raccomandazione o in caso contrario avrebbe dovuto lasciare la sua posizione nel dipartimento dermatologico. Holick ha mantenuto la sua linea di pensiero ed è rimasto professore di medicina, fisiologia e biofisica, così come direttore del Centro di ricerca in Elioterapia, Luce e Pelle presso il centro medico dell’università.

L’endocrinologo ha spiegato che molti suoi colleghi hanno cambiato lentamente idea poiché fanno parte di una generazione formata alla nozione secondo cui una piccola esposizione ai raggi solari possa danneggiare il dna e i geni che regolano la crescita cellulare, danneggiando i meccanismi di controllo che impediscono a una cellula di diventare maligna.

Ma Holick considera ristretta questa visione e menziona un recente studio del Regno Unito, in cui alcune persone di carnagione molto chiara e quindi sensibili al sole, sono state esposte alla luce solare simulata due o tre volte alla settimana per sei settimane. «C’erano dei danni al dna, ma è notevole che alla fine dello studio sembrava che si fossero attivati dei meccanismi di correzione del danno al dna», ha spiegato Holick.

NON SOLO LA VITAMINA D

Il sole non produce solo vitamina D. Quando i fotoni penetrano nella pelle, si verificano numerosi cambiamenti chimici che, oltre alla vitamina D, fanno produrre ossido nitrico, il quale rilassa i vasi sanguigni e abbassa la pressione sanguigna.
Le radiazioni ultraviolette possono anche stimolare i geni nel derma, che stimolano la produzione di altri ormoni che possono contribuire a modulare la risposta del sistema immunitario, nonché la beta-endorfina, una sostanza che secondo gli scienziati può innescare la sensazione di euforia dopo un bagno di sole.

«Esiste una prova convincente secondo cui minore è la latitudine in cui si vive [nell’emisfero nordico], più basso è il rischio di soffrire di alta pressione sanguigna che determina a infarto, sclerosi multipla, diabete di tipo 1, malattie infettive, disfunzioni cognitive e via dicendo».

Inoltre, il sole è spesso associato a danni alla pelle, ma in piccole dosi può effettivamente guarire molti problemi cutanei. Difatti, malattie come psoriasi, eczema e acne, secondo il dottor Bobby Buka, dermatologo di New York, possono trarre beneficio dalle radiazioni ultraviolette.

Poiché la qualità dell’esposizione solare diretta può variare drammaticamente in base al giorno e al luogo, Buka tratta i suoi pazienti con speciali lampade che emettono una ristretta banda di radiazioni Uvb, da trenta secondi a tre minuti, due o tre volte alla settimana.
La dose iniziale dipende dal fototipo, una persona rossa può tollerare una breve esposizione diversamente dalle carnagioni olivastre.

Per di più, l’esposizione può prevenire eruzioni cutanee di tipo infiammatorio. Buka mette in guardia sulla quantità di esposizione al sole, ma ha anche osservato che vivere più vicino all’equatore determina una minore probabilità di soffrire di malattie cutanee. «La maggior parte di questi pazienti non ha bisogno di visitare un dermatologo poiché sono affetti da casi più lievi che sono già stati trattati dalla luce ambientale», ha aggiunto Buka.

LA DOSE CORRETTA 

Naturalmente, il sole non è totalmente salubre. I Greci credevano che Apollo potesse donare salute, ma anche malattia. Per ottenere solo benefici, è importante prestare attenzione all’esposizione.

Non tutta la luce del sole è uguale. Per esempio, quando si tratta di produrre vitamina D, esistono molti fattori da considerare, come il colore della pelle, il luogo in cui si vive, i livelli di ozono e di idrocarburi nell’atmosfera (che possono filtrare e riflettere i raggi Uv), il periodo dell’anno e l’ora del giorno. «In sostanza, prima delle 9 e dopo le 16/17 non si produce vitamina D, anche se si vive all’equatore con il sole molto luminoso», ha detto Holick, che ha aggiunto che l’esposizione al mattino presto e nel tardo pomeriggio è il momento peggiore per la pelle, a causa della radiazione Uva. «La radiazione Uva in quel momento rovina il sistema immunitario e il derma, causando rughe e aumentando la probabilità di melanoma e cancro della pelle».

Holick e il suo team di ricerca hanno cerato un’applicazione per cellulari che indica i momenti migliori di esposizione in base al luogo in cui si vive. L’endocrinologo vuole sensibilizzare le persone a esporsi di più ma con cautela, indossando per esempio un cappello e applicando la protezione solare al viso – la parte del corpo più esposta al sole e quindi più suscettibile a danni. Senza dimenticarsi di indossare sempre gli occhiali da sole per compensare i rischi di cataratta e infiammazione. «È come tutto quello che si fa nella vita: con moderazione, cercando di capire le conseguenze di quello che si sta facendo».

Per approfondire:

Articolo in inglese: ‘The Sunshine Remedy

Traduzione di Massimiliano Russano

 

 
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