Il Cuju, l’antenato cinese del calcio

Secondo la Fifa, la prima forma di calcio è un’invenzione cinese. L’antico gioco cinese chiamato Cuju, risalente a oltre 2.400 anni fa, aveva molti tratti in comune con lo sport moderno: non si potevano usare le braccia o le mani e l’obiettivo era calciare la palla tra i due pali. Come il calcio contemporaneo, inoltre, il Cuju era un gioco per professionisti e godeva di grande popolarità.

Il primo riferimento a questo sport apparve durante il periodo degli Stati Combattenti nel testo Zhan Guo Ce. Sembra inoltre che ebbe origine nello Stato di Qi.

Durante la dinastia Han (206 aC— 220 dC), il gioco fu chiamato Cuju, traducibile con ‘calciare la palla’. Le palle erano fatte di pelle e riempite di pelliccia o capelli. I testi dell’epoca attribuivano la creazione di questo gioco al leggendario Imperatore Giallo, o più realisticamente a soldati che cercavano un modo per migliorare il loro lavoro di gambe.

Questo gioco rimase molto popolare per vari secoli, al punto che era giocato a livello professionale sia tra la gente comune che nella corte imperiale. È noto che Liu Bang, il fondatore della Dinastia Han, fosse un fan entusiasta del Cuju e così questo divenne uno sport molto specializzato. Il palazzo imperiale includeva un cortile dedicato al Cuju dove si sfidavano squadre composte da 12 giocatori.

 

Un altro imperatore Han, il grande Wu Di, era così appassionato al Cuju che chiedeva regolarmente ai suoi assistenti di scrivere articoli su questo sport.

Un testo della Dinastia Han stabiliva le regole e l’interpretazione del Cuju: la palla rotonda e il cortile squadrato rappresentavano i concetti taoisti tradizionali di yin e yang. A differenza del calcio moderno, le porte erano piccole e a forma di luna e ce n’erano sei ai due estremi del campo di gioco. Prima della partita i 24 giocatori e i loro capitani eleggevano un arbitro, che doveva fare da mediatore in base al regolamento e secondo gli stardard dello spirito sportivo.

Già nella Dinastia Han, la popolarità del Cuju raggiunse livelli di vera ossessione: il Shiji, o Racconti di un grande storico, cita il caso di Xiang Chu, che continuò a giocare a Cuju nonostante il suo medico lo sconsigliasse dopo avergli diagnosticato un’ernia. L’appassionato alla fine morì a causa della sua malattia, mentre giocava al suo amato sport.

Il Cuju rimase molto popolare per una decina di secoli. Durante l’ultima dinastia imperiale, quella dei Qing (1644-1911), il gioco fu modificato e veniva giocato su una pista di pattinaggio.

PICCO E DECLINO

Durante le dinastie Tang e Song il Cuju era praticato da uomini e donne, nobili e persone comuni. Un antico testo ritrae la splendida scena di una partita tra donne che coinvolse 153 persone. Le signore, che indossavano abiti ricamati e fascie di seta di quattro colori, giocarono di fronte a un pubblico di decine di migliaia di persone.

Nel decimo secolo, durante la dinastia Song, apparvero club professionali di Cuju nelle maggiori città cinesi. Alcuni giocatori godevano di grande popolarità e si arricchirono. Queste associazioni sono considerate i primi club sportivi al mondo.

 

Le società di Cuju erano selettive: i giocatori non professionisti dovevano seguire corsi di studio formali con degli esperti e raggiungere una certo livello di abilità prima di essere accettati in un club. Gao Qiu, un funzionario governativo durante il regno dell’imperatore Huizong della dinastia Song, era conosciuto per la sua abilità nel Cuju. Una lega di Cuju, la Qiyun She, organizzava una campionato nazionale annuale.

L’imperatore Taizu della dinastia Song era conosciuto per il suo stile particolare nel gioco del Cuju: usava la testa, le spalle, la schiena, l’addome e le ginocchia per controllare la palla, tenendola in aria per molto tempo.

Il Cuju compare anche in uno dei quattro classici della letteratura cinese, I briganti della palude. L’ufficiale Gao Qiu, giocatore di Cuju, compare come uno degli antagonisti, ed è menzionato come il Grande Comandante di questo sport per decreto dell’imperatore. Durante il periodo Song, come in quello Han, il Cuju fu uno spettacolo apprezzato nella corte imperiale.

Il Cuju cadde in disgrazia durante la dinastia Ming (1368-1644). Il gioco fu associato a bordelli e decadenza: squadre di prostitute organizzavano partite di Cuju nella speranza di attrarre più clienti, ufficiali e nobili trascuravano i loro doveri per indulgere nel gioco del Cuju e in altre forme di intrattenimento. Così, nel tentativo di migliorare la sua amministrazione, Zhu Yuanzhang, fondatore della dinastia Ming, arrivò persino a mettere al bando questo sport. Con il passare del tempo, il Cuju si fece una cattiva reputazione e divenne fuori moda. Nei tempi moderni il Cuju è estinto in Cina.

Sebbene il Cuju appartenesse alla Cina del passato, sopravvive oggi nei templi giapponesi, dove se ne pratica una forma semplificata chiamata kemari. Il kemari arrivò in Giappone dall’Asia continentale più di 1.400 anni fa, durante il perido Asuka. Diversamente dal Cuju, non è competitivo né professionale; lo scopo è mantenere la palla in aria più a lungo possibile. Anche nei due secoli scorsi, questo sport ha ricevuto il sostegno dell’imperatore e dei nobili; un sostegno che ha aiutato a conservare questa antica tradizione dell’Asia orientale.

 

Articolo in inglese: Cuju: 2,000 Years of Ancient Chinese Soccer

Traduzione di Veronica Melelli

 
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