Cina, Xi Jinping è un vero riformatore?

Xi Jinping ultimamente sta facendo diversi discorsi alquanto inusuali su materie particolarmente sensibili in Cina, come petizioni popolari, religione, e problemi politico-legali.

Questo è successo nei giorni che hanno preceduto il 25 aprile, il 17esimo anniversario della protesta pacifica di oltre 10 mila praticanti della via spirituale di origine cinese del Falun Gong a Zhongnanhai [un complesso di edifici di Pechino che ospita il quartier generale del Partito Comunista Cinese conosciuto anche come ‘il Cremlino cinese’, ndt].

Segnali che sono stati interpretati come l’intenzione di Xi di dare delle ‘indicazioni’ del suo atteggiamento nei confronti di questo problema. Il leader del Pcc ha anche affrontato dei problemi che i suoi predecessori Hu Jintao e Wen Jiabao non avevano avuto nemmeno il coraggio di sfiorare.

IL 25 APRILE CINESE: INIZIO DI UNA SPIETATA PERSECUZIONE

Il 25 aprile 1999 oltre 10 mila praticanti della disciplina spirituale del Falun Gong (o Falun Dafa) si radunarono davanti all’Ufficio del Consiglio degli Appelli di Stato nei pressi di Zhongnanhai per chiedere alle autorità il rilascio di 45 praticanti che erano stati incarcerati senza alcuna motivazione legale nella città di Tianjin.

Questo episodio è considerato la più grande, moderata e pacifica istanza popolare della storia cinese.

L’allora primo ministro Zhu Rongji incontrò di persona alcuni portavoce dei praticanti, promettendo di rilasciare i detenuti e di concedere il diritto legittimo a praticare la loro via di coltivazione spirituale. La questione sembrava a quel punto risolta.

Ma Jiang Zemin, allora capo del Partito Comunista Cinese, intervenne in senso opposto, arrivando a etichettare l’episodio come «l’assedio di Zhongnanhai».

Pochi mesi dopo, il 20 luglio 1999, Jiang diede così inizio – unilateralmente e senza il consenso degli altri sei membri dell’Ufficio politico del partito – a una spietata persecuzione di massa [i praticanti del Falun Gong in Cina erano, secondo i calcoli dello stesso Pcc, circa 100 milioni, ndt] contro chiunque praticasse il Falun Gong in Cina.

Questa inflessibile persecuzione dura ormai da 17 anni. Per questa ragione il 25 aprile è considerato in Cina una data della massima importanza.

IL CAMBIO DI ATTEGGIAMENTO DI XI JINPING: LIBERTÀ DI PAROLA E VOLONTÀ POPOLARE

Proprio nei giorni precedenti questo anniversario, quindi, Xi Jinping ha assunto un inusuale atteggiamento di alto profilo. Un messaggio importante, che ha risvegliato l’attenzione del mondo intero.

Il 21 aprile 2016, infatti, un organo di regime ha pubblicato una notizia sulla posizione accomodante di Xi e del Primo Ministro Li Keiqiang in materia di diritto di petizione popolare. Xi ha dichiarato di «stare impiegando enormi sforzi per affrontare il gravissimo problema delle petizioni, e per risolvere adeguatamente la questione delle richieste legittime e legali provenienti dal popolo».

Li ha poi lanciato una sorta di appello per «battersi con l’obiettivo di risolvere i conflitti e tutelare i legittimi diritti e interessi delle persone». Per essere in Cina, si tratta di prese di posizione assolutamente straordinarie, specie considerando il momento in cui sono state esternate.

Nel corso degli ultimi 17 anni, infatti, i praticanti del Falun Gong in Cina sono stati diffamati, condannati illegalmente e torturati (senza contare altri generi di atrocità, come il prelievo forzato dei loro organi). Tattiche di persecuzione che poi sono state gradualmente allargate anche a diverse categorie di cittadini estranei alla Falun Dafa.

Ma il movimento dei diritti civili in Cina sta crescendo senza sosta: sempre più persone stanno unendosi giorno, dopo giorno, alla lotta per rivendicare il diritto di parola.

Secondo Shi Cangshan, un esperto di Cina residente a Washington, Xi ha deciso di proposito di esprimersi in favore del diritto di petizione e ha dato ordine di affrontare il problema proprio a ridosso del 25 aprile: «Xi Jinping ha usato il tono del ‘ci siamo capiti’ per esternare la sua posizione sul Falun Gong, esprimendo così disapprovazione nei confronti della persecuzione di Jiang Zemin».

L’INCONTRO SULLA QUESTIONE RELIGIOSA

Xi ha inoltre presieduto, il 22 e il 23 aprile, a un incontro al vertice sul problema della religione, al quale hanno partecipato i cinque membri dell’Ufficio politico Zhang Dejiang, Liu Yunshan, Li Keqiang, Wang Qishan e Yu Zhengsheng.

È stata la prima volta in quindici anni che i massimi leader si sono riuniti per affrontare la questione religiosa. In precedenza, a decidere era il Segretario degli Affari religiosi.

Xi ha fatto un discorso di alto profilo, pronunciando frasi come: «Organizzare e unire la maggioranza dei seguaci della religione». I media di regime hanno immediatamente coperto la notizia dandovi massimo rilievo: altra grande differenza rispetto a quando a presiedere all’incontro era Jiang Zemin.

Anche i media cinesi cambiano, quindi. Nel 2001, Jiang ordinò la messa in scena dell’autoimmolazione in piazza Tienanmen: un filmato (poi dimostratosi finto) mandato in onda e diffuso da tutte le Tv del regime, in cui presunti praticanti del Falun Gong apparentemente si davano fuoco. Un atto diffamatorio su ampia scala, voluto da Jiang Zemin nel quadro della sua campagna di diffamazione del Falun Gong realizzata grazie al sistema di propaganda del regime.

Alla fine del 2001, Jiang presiedeva all’incontro nazionale sulla religione, inasprendo ulteriormente la repressione del Falun Gong.

LE PURGHE DEI FEDELISSIMI DI JIANG

Sempre nei giorni immediatamente precedenti il 25 aprile, Xi ha preso provvedimenti contro diversi funzionari degli ‘Affari Politico-legali’: il 24 aprile è uscita la notizia dell’azione intrapresa contro quattro funzionari. Il sistema degli Affari Politico-legali è stata una delle strutture più crudeli nella persecuzione del Falun Gong ai tempi di Jiang.

Da quando Xi ha preso il potere, gli Affari Politico-legali sono stati oggetto di una notevole azione di pulizia, e numerosi funzionari sono stati espulsi, incluso l’ex segretario della Commissione centrale degli Affari Politico-legali: Zhou Yongkang.

Uno dei fedelissimi di Zhou, il segretario della Commissione per la regione di Hebei Zhang Yue, è stato a sua volta esonerato dall’incarico il 16 aprile nell’ambito delle indagini che lo riguardano.

Zhou e Zhang sono dei veri e propri pezzi da novanta della macchina persecutoria di Jiang: il primo è stato – tra le varie cariche – anche ministro della Pubblica Sicurezza; il secondo è stato a capo del famigerato Ufficio 610 del ministero di Ps: una struttura, del tutto illegale, creata da Jiang al solo scopo di perseguitare i praticanti del Falun Gong.

Zhang è stato insomma complice attivo e consapevole del cosiddetto ‘sistema di pubblica sicurezza’ di Jiang. E dopo essere stato trasferito al Comitato politico-legale della provincia di Hebei nel 2007, Zhang è diventato anche il responsabile diretto delle attività di persecuzione del Falun Gong per la provincia stessa.

Per tutto questo, il nome di Zhang è stato inserito nell’elenco di indagati stilato dall’Organizzazione mondiale di Indagine sulla Persecuzione del Falun Gong (World Organization to Investigate the Persecution of Falun Gong, Woipfg).

LA QUESTIONE DEL FALUN GONG: GLI OPPOSITORI INTERNI DI JIANG

Prima del 17esimo anniversario del 25 aprile, oltre 200 mila persone hanno presentato denuncia contro Jiang Zemin per la sua persecuzione ai danni del Falun Gong.
Diversi analisti ritengono che la comunità internazionale sia sempre più preoccupata di questa persecuzione illegale. Insomma Xi Jinping ora deve affrontare il problema del Falun Gong.
Sia Xi Jinping che Hu Jintao e Wen Jiabao, non vogliono fare la fine del capro espiatorio della persecuzione. Ma Xi sta gestendo la cosa in modo particolare.

Il libro ‘Il vero Jiang Zemin’ rivela che quando Jiang ha dato inizio alla persecuzione, il 20 luglio 1999, gli altri sei membri dell’Ufficio politico – Li Peng, Zhu Rongji, Li Ruihuan, Wei Jianxing, Li Lanqing e (appunto) Hu Jintao – non lo hanno supportato.

E infatti, quando il 26 aprile 1999 (il giorno dopo Zhongnanhai) il Comitato permanente dell’Ufficio politico si era riunito per discutere del Falun Gong, Zhu aveva detto: «lasciamogli fare gli esercizi [riferendosi al fatto che i praticanti del Falun Gong praticavano i loro esercizi di meditazione nei parchi pubblici, ndr]».
A quel punto Jiang, scattato in piedi, aveva puntato il dito contro Zhu urlandogli: «Stupido, stupido, stupido! Così verrà distrutto il Partito e sottomessa tutta la nazione!».

Per sostenere finanziariamente la persecuzione sono state spese enormi somme di denaro, dietro la facciata dei ‘costi di mantenimento della stabilità’: quando questa voce di spesa ha toccato il suo massimo, equivaleva a tre quarti di tutte le risorse economiche del Paese. La gran parte erano costi dovuti alla persecuzione del Falun Gong.

Hu Jintao si era ripetutamente opposto, ma Jiang aveva sempre risposto insultandolo.

Un agente dell’Ufficio 610, infatti, riferisce che il vice ministro della Pubblica Sicurezza Liu Jing aveva rivelato che Jiang – in una riunione specifica sulla persecuzione – aveva proposto di istituire l’Ufficio 610 presso l’Ufficio di sicurezza nazionale, l’Ufficio di pubblica sicurezza e il dipartimento di sicurezza locale.

Hu aveva quindi osservato: «incrementare la diffusione delle sedi dell’Ufficio 610 comporterà un aumento del personale, e i costi saranno notevoli». Jiang, di rimando, gli aveva ringhiato contro furioso: «Perderai tutto il tuo potere! Non è questo il momento di preoccuparsi di personale e di risorse finanziarie». Jiang aveva poi intimato a Hu di soddisfare «ogni richiesta di denaro e di personale» per la persecuzione del Falun Gong.

Nel settembre 2004 Jiang è stato costretto a dimettersi dalla sua carica di presidente della commissione militare. Ma Hu e Wen non avevano alcun reale potere.

In ogni caso, nonostante ora non vogliano fare da capri espiatori della persecuzione di Jiang, rimane il fatto che non hanno avuto a suo tempo il coraggio di sostenere apertamente le loro opinioni, per paura del tiranno Jiang Zemin.

Un praticante del Falun Gong ha riferito a Epoch Times che quando Hu si è recato in visita in Svizzera nel 2007, ha incrociato la sua scorta nel salone dell’albergo; quando il praticante ha chiesto alle guardie del corpo di Hu di fermare la persecuzione, loro hanno risposto dimostrando impotenza: «nessun reale potere».
Quindi Hu non aveva il potere né la possibilità di contrastare la persecuzione voluta da Jiang.

Quanto a Wen, una fonte cinese ha riferito a Epoch Times che quest’ultimo ha fatto un tentativo, proponendo nel corso di un incontro ristretto di riabilitare il Falun Gong.

Wen in quell’occasione osservava come le conseguenze nefaste della persecuzione contro il Falun Gong fossero oggettive, e che un’indagine aveva dimostrato quanto la massiccia mobilitazione di mezzi finanziari ordinata da Jiang per perseguitare un gruppo di cittadini inermi, fosse oltremodo ridicola. La proposta è stata ignorata da Jiang.

CONCLUSIONE

Finora il governo centrale non è stato capace di affrontare né di risolvere la questione.

Secondo l’interpretazione di Shi Cangshan, Xi ha intenzionalmente – a ridosso del 25 aprile – confermato il diritto di petizione, chiesto ai funzionari di rispettare i gruppi religiosi e arrestato diversi funzionari dell’apparato politico-legale. Una sequenza di azioni che ha attirato l’attenzione della comunità internazionale.
Shi ritiene che «Xi sia più coraggioso di Hu e Wen: quanto basta per tagliare i ponti con Jiang».

Ed è naturale, infine, che l’atteggiamento di Xi in materia di religione abbia ampiamente attirato l’attenzione anche delle comunità religiose.

L’ex cardinale della Chiesa cattolica di Hong Kong, Joseph Zen, ha partecipato a una protesta di fronte all’Ufficio di Collegamento il 24 aprile. Il suo commento a proposito della posizione di Xi sulla religione è stato: «Ha persino esortato all’unità dei diversi popoli che compongono il Paese. Spero che queste persone siano in grado di fermare la persecuzione contro i cristiani, così da poter lavorare tutti insieme per costruire una nazione autenticamente democratica».

 
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