Cina, il Pcc espelle le «classi inferiori» dalle città

La settimana scorsa, le autorità di Pechino hanno proceduto all’espulsione di operai, lavoratori migranti e altri abitanti a basso reddito dalla periferia della capitale. Ma l’ondata di sgombero dei residenti, considerati dal regime cinese «gente di classe inferiore», si è estesa anche in altre città. Gli osservatori ritengono che il Partito Comunista Cinese tema che – in un momento di crisi economica – queste persone possano divenire una minaccia per il proprio potere assoluto.

A seguito di un incendio fatale nel distretto di Daxing, quartiere di Pechino in cui vivono numerosi operai in appartamenti a basso canone, le autorità hanno approfittato dell’incidente (avvenuto in un immobile senza appropriati sistemi di sicurezza antincendio) usandolo come pretesto per espellere gli abitanti.

Il 29 novembre, l’Hong Kong Economic Times ha parlato anche di espulsioni in città nell’Est della Cina come Ningbo, a Guangzhou e Shenzhen, nel Sud. Le amministrazioni locali hanno iniziato a demolire gli edifici in cui, secondo loro, c’erano appartamenti in affitto non in regola con le normative edilizie. Il giornale ha ricevuto anche le foto di avvisi di espulsione emessi dal distretto di Longhua, a Shenzhen.


27 novembre 2017, periferia di Pechino: ex-residenti davanti alle case da cui sono stati espulsi. (Fred Dufour/Afp/Getty Images)

Questa cacciata di massa ordinata dal regime, ha colpito in modo inatteso persino le ditte di spedizioni: numerosi corrieri hanno perso il proprio domicilio e non sanno nemmeno più dove andare a vivere, e naturalmente non possono nemmeno lavorare. Un fattorino ha confidato a Epoch Times: «Non c’è abbastanza mano d’opera in questo momento, abbiamo bisogno di più personale», e ha aggiunto che alcuni magazzini di consegna sono stati demoliti nell’ambito del progetto di espulsione, perché le autorità li avevano dichiarati ‘non a norma’.
Anche il sito di informazione cinese Jiemian, ha comunicato che numerose grandi società di spedizioni, come Sf Express, Zto Express e l’azienda pubblica China Post, in questi ultimi giorni hanno subito ispezioni e chiusure dei magazzini.

Il titolare di un’azienda di vendite on-line (che ovviamente preferisce restare anonimo) ha inoltre dichiarato a Epoch Times che numerosi suoi clienti si lamentano di non poter ricevere la merce: considerato che tanti fattorini sono impegnati al momento nella ricerca di un nuovo alloggio, ha dovuto smettere di accettare ordinazioni da clienti della regione di Pechino e della vicina provincia di Hebei.

Nel forum della piattaforma popolare cinese Baidu, numerosi utenti internet di Guangzhou hanno denunciato di non aver ricevuto i loro pacchi. Gli acquisti on-line sono molto popolari tra i cinesi: l’11 novembre scorso, festival annuale dell’acquisto online per il Giorno dei celibi, ha fruttato miliardi di yuan in e-coommerce.

Qin Weiping, esperto di economia, ha analizzato sull’emittente radio Voice of America i motivi delle autorità di Pechino, incuranti della protesta generale che ne è seguita, in particolare le manifestazioni di cinesi a Hong Kong e persino negli Stati Uniti. Qin precisa che numerose persone della «classe inferiore» hanno un basso reddito, e non usufruiscono della previdenza sociale a causa dell’hukou [sistema di certificazione di residenza attivo in Cina. Stabilisce differenti diritti per cittadini provenienti da diverse aree geografiche, ndt] un pessimo sistema di anagrafe che esclude dall’erogazione di alcuni servizi pubblici. 

Tenuto conto dell’attuale instabilità dell’economia cinese, questi lavoratori rischiano di perdere il loro mezzo di sostentamento. Quindi è chiaro perché il regime li consideri una categoria composta da «elementi instabili».

Voice of America ha spiegato inoltre che il regime di Pechino «teme che possano scatenare una rivolta, e per risolvere il problema li caccia via». Aggiunge Qin Weiping: «Se troppe persone perdono improvvisamente il lavoro e non possono più guadagnarsi da vivere, queste persone diventano una minaccia per il governo cinese».

 

Articolo in inglese: Beijing Eviction of ‘Low-Class’ Population Spreads to Other Chinese Cities

Traduzione di Francesca Saba

 
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