Cina, il lato oscuro della crescita

Emergendo dalle file delle Nazioni più povere del mondo fino diventare seconda solo agli Stati Uniti, la Cina è destinata a essere ricordata nei libri di storia. Tuttavia la storia può anche registrare il pesante prezzo pagato dal popolo cinese e continuerà a pagare per gli anni a venire.

La costante crescita della Cina nel contesto di un’economia globale stagnante ha incoraggiato i leader cinesi a rivendicare una ferma fiducia nel loro modello di sviluppo. Nel frattempo, l’apparente robusto capitalismo autoritario in Cina ha convinto alcuni studiosi americani che il modello offre una valida alternativa per le democrazie di tipo occidentale. Secondo l’esperto asiatico Joshua Kurlantzik, il sistema cinese rappresenta in molti modi «la più grave sfida al capitalismo democratico dall’ascesa del comunismo e del fascismo negli anni 20 e primi anni 30».

Ma contrariamente all’immagine del colosso cinese, molteplici crisi l’hanno colpita negli ultimi dieci anni. Le dimensioni dell’economia cinese e la popolazione mettono in evidenza solo l’importanza sulla salute, sull’ambiente e sulle sfide sociali.

Prediamo l’inquinamento atmosferico: nel Nord della Cina, le indicazioni riguardanti le polveri sottili non maggiori di 2,5 micron di dimensione – o PM2,5, i più pericolosi tipi di fumo tossico – hanno raggiunto 40 volte il livello massimo consentito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

Le conseguenze per la salute di tale inquinamento dell’aria sono enormi: uno studio del 2010 condotto dall’Oms e un gruppo di università ha scoperto che l’inquinamento dell’aria esterna ha portato a 1,2 milioni di morti premature in Cina, che rappresentano quasi il 40 per cento del totale mondiale. Inoltre, secondo un recente rapporto di Deutsche Bank, la qualità dell’aria della Cina peggiorerà del 70 per cento entro il 2025, a causa degli aumenti del consumo di carbone, dei veicoli e delle emissioni industriali, che uniti, contribuiscono già all’85 per cento di inquinamento dell’aria da PM2,5 in Cina nel 2013.

L’inquinamento dell’acqua è un altro prezzo pagato per l’ascesa economica della Cina: come risultato della rapida industrializzazione e scarsa regolamentazione dello smaltimento dei prodotti chimici, oltre il 70 per cento dei laghi e dei fiumi in Cina sono inquinati e quasi il 40 per cento di questi fiumi sono considerati «gravemente inquinati». Quasi un quarto dei cinesi non ha accesso ad acqua potabile sicura. L’Oms ha recentemente stimato che circa centomila persone muoiono ogni anno per malattie connesse con l’inquinamento dell’acqua in Cina.

I circa 20 mila suini trovati morti nel fiume Huangpu lo scorso marzo hanno aggiunto preoccupazioni circa le norme di sicurezza alimentare. Uno studio del 2011 pubblicato da ricercatori cinesi ha stimato che più di 94 milioni di persone in Cina si ammalano ogni anno a causa di malattie di origine alimentare batterica, di cui, circa 8.500 persone muoiono.

Questi numeri probabilmente sottovalutano la crisi della sicurezza alimentare della Cina, perché le statistiche sulle condizioni di salute causate da cibo contaminato sono spesso esclusi. Secondo una ricerca condotta dall’Università Agraria di Nanjing nel 2011, il dieci per cento del riso venduto in Cina contiene quantità eccessive di cadmio e alcuni ricercatori stimano che il 70 per cento dei terreni agricoli della Cina sia contaminato da sostanze chimiche tossiche.

La produzione diffusa e il consumo di sostanze chimiche tossiche nell’industrializzazione e produzione agricola hanno inquinato l’acqua, l’aria e contaminato i terreni agricoli, contribuendo alla nascita di ben 400 cosiddetti “villaggi del cancro”, aree i cui tassi di cancro sono insolitamente alti. Nel complesso, la Cina ha avuto un aumento dell’80 per cento dei tassi di cancro rispetto a 30 anni fa. La rapida crescita ha un prezzo.

Il boom economico negli ultimi decenni è stato anche associato a un ampliamento del divario della ricchezza. Secondo un rapporto dell’Università Sudoccidentale di Economia e Finanza in Cina, il coefficiente di Gini, misurato su una scala da 0 a 1 con cifre più elevate associate a una maggiore disuguaglianza, era di 0,61 nel 2010. Anche se non è atipico per un rapido sviluppo di un’economia sperimentare disuguaglianze crescenti, il livello di disuguaglianza della Cina è paragonabile a quella delle Filippine e Russia, e molto peggio rispetto a Giappone, Stati Uniti e molti Paesi di recente liberalizzazione nell’Europa orientale.

Sulla base dello studio di Wang Xiaolu, economista presso l’Istituto Indipendente di Ricerca di Economia Nazionale a Pechino, gli analisti hanno stimato che il dieci per cento della fascia di popolazione più ricca della Cina ha guadagnato 65 volte rispetto al dieci per cento più povero. L’alta disuguaglianza ha aumentato il pericolo per la Cina di cadere nella “trappola del medio reddito”, cioè rimanere bloccati in un livello di sviluppo che è inferiore di quella delle economie più avanzate. Peggio ancora, il fallimento del Governo nell’affrontare questa crisi sociale può affossare i poveri contro una minoranza di diritto.

CORRUZIONE

Le crisi socio-politiche presenti in Cina sono aggravate dalla corruzione radicata. La transizione economica orientata al mercato ha creato nuove opportunità e ha reso la corruzione più pervasiva rispetto ai decenni precedenti. Più di dieci anni fa, due eminenti studiosi cinesi hanno suggerito che circa l’80 per cento dei funzionari del governo cinese erano corrotti e la situazione non è migliorata.

Una prudente stima del Carnegie Endowment for International Peace (Sovvenzione Carnegie per la Pace Internazionale) ha indicato il costo della corruzione in Cina a circa il tre per cento del Pil all’anno, pari a oltre 150 miliardi di euro. Simile a un sistema Greshamite, che premia il cattivo comportamento rendendo dilagante e scacciando il buon comportamento, la corruzione in Cina ha raggiunto un livello che tocca quasi tutti i settori e ogni membro della società. Secondo un sondaggio nazionale condotto nell’ottobre 2011, circa l’82 per cento degli intervistati ha convenuto che la Cina ha registrato un significativo declino morale negli ultimi dieci anni e più della metà non pensano che la conformità con gli standard etici sia una condizione necessaria per il successo.

In un discorso dello scorso marzo inerente alla discussione dei percorsi di sviluppo adottati dalle Nazioni a Mosca, il presidente Xi Jinping ha osservato: «Solo chi la indossa sa se la scarpa si adatta al piede». Poiché il costo sociale di sviluppo diventa sempre più insopportabile, anche coloro che hanno beneficiato della rapida crescita economica non credono più che il modello attuale sia adatto alla Cina. Quando Pechino è stata avvolta da un fitto smog tossico a gennaio, un’attrice nata e cresciuta a Pechino, ha scritto: «Il flusso di emigrazione e ogni altro tipo di tentazione non erano abbastanza per me per lasciare questa amabile città. Oggi, questo pensiero continua a volteggiare nella mia mente: “Dove andrò a trascorrere i miei ultimi anni?”».

VIA D’USCITA

L’invito del regime ad una maggiore fiducia nel sistema non è nemmeno riaffermato dai nuovi ricchi della Cina, che votano con i loro piedi scegliendo di emigrare. Secondo un rapporto pubblicato dalla Banca della Cina, il 14 per cento di quelli con un patrimonio netto di 60 milioni di yuan, o 7,5 milioni di euro, sono già emigrati, e un ulteriore 46 per cento considera in modo positivo un trasferimento. La mancanza di fiducia nel sistema è suggerito anche dal denaro fuoriuscito al di fuori della Cina. Nonostante le restrizioni della Cina sui movimenti di capitale, una somma pari a 2,83 miliardi di euro è uscito dal Paese negli ultimi dieci anni.

Chiaramente, i profondi problemi socio-politici stanno minacciando i grandi successi della Cina. Fino a quando la Cina non può affrontare gli incalcolabili, se non irreversibili, costi sociali dello sviluppo, sarà quasi impossibile per la Nazione assumere un ruolo di leadership nel sistema internazionale, ciò che vede come la sua giusta posizione.

Per esempio è difficile immaginare che il Paese possa ritrovare la sua grandezza se i Cinesi non hanno aria pulita da respirare, acqua potabile o il terreno incontaminato in cui vivere e coltivare. Pertanto è imperativo riesaminare il modello di sviluppo della Cina e rendere una priorità i problemi socio-politici domestici. Purtroppo la storia affascinante di crescita della Cina può nascondere all’occhio il suo lato oscuro.

Yanzhong Huang è senior fellow per la Global Health at the Council on Foreign Relations e professore associato presso la Scuola di Diplomazia e Relazioni Internazionali John C. Whitehead. È redattore del Global Health Governance e autore di “Governing Health in Contemporary China” [Governare la salute nella Cina contemporanea, ndt]. Con la concessione di YaleGlobal Online. Copyright © 2013, Yale Center per gli studi sulla globalizzazione, Yale University.

Articolo in inglese: China: The Dark Side of Growth

 
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