Cina e Corea del Nord, alleanza in bilico

Le speranze che l’escalation nucleare nord coreana potesse risolversi amichevolmente sono svanite il 4 luglio, quando Pyongyang ha lanciato il suo ultimo missile intercontinentale Hwasong-14, che il dittatore Kim Jong Un ha definito «un regalo per il Giorno dell’Indipendenza».

La Corea del Nord ha effettuato il suo quinto test nucleare esplodendo una bomba da 20-30 kiloton e dando forma alla minaccia di aggressione che ha caratterizzato gli ultimi mesi delle relazioni di Pyongyang con gli Stati Uniti e con i Paesi dell’Asia nordorientale.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso la sua delusione per il ruolo di Pechino nella crisi, dichiarando attraverso i social media che Xi e la Cina hanno «provato» ma alla fine non sono riusciti ad essere d’aiuto con la Corea del Nord. Dal test missilistico del 4 luglio, Washington ha emesso sanzioni unilaterali verso le banche e le imprese cinesi che si ritiene abbiano aiutato a trasferire centinaia di milioni di dollari a Pyongyang.

Trump ha ripetutamente chiesto che la Cina e il suo leader Xi Jinping sostengano gli sforzi per convincere la Corea del Nord a rinunciare al programma di armamento nucleare, ma le relazioni tra Pechino e Pyongyang sono diventate ambigue e frammentarie, a causa degli intrighi fazionali all’interno del Partito Comunista Cinese.

I programmi nucleari e missilistici della Corea del Nord costituiscono un rischio immediato per la sicurezza nazionale della Cina, e allo stesso tempo, l’esistenza del regime di Kim, fondato sulla strategia comunista di isolamento tipica della Guerra Fredda, danneggia entrambe le direttive principali di Xi Jinping: consolidare il potere interno e dare al mondo l’immagine di una Cina che si sviluppa pacificamente.

  Test missilistico presso una località sconosciuta in Corea del Nord, la foto è stata pubblicata dalla Korean Central News Agency il 30 maggio 2017 (STR/AFP/Getty Images).

Le divisioni all’interno del Partito Comunista Cinese

L’ascesa al potere di Xi Jinping ha fatto si che che i contatti della famiglia Kim con il regime cinese siano diventati sempre meno frequenti. La campagna anti-corruzione di Xi ha infatti eliminato centinaia di potenti quadri, tra i quali i membri chiave della fazione occulta del Partito Comunista Cinese capeggiata dall’ex leader Jiang Zemin.

Jiang è stato a capo del Partito Comunista Cinese dal 1989 al 2002 ma, da dietro, le quinte ha continuato a comandare fino al 2012. Sotto Jiang, i rapporti con la Corea del Nord erano floridi, anche se il regime cinese ha disapprovato apertamente il programma nucleare di Pyongyang, che ha prodotto la prima testata nucleare nel 2006.

Fra le eredità lasciate al popolo cinese da Jiang Zemin, spiccano le diffuse violazioni dei diritti umani e le carneficine, in particolare la persecuzione della pratica spirituale del Falun Gong ordinata da Jiang nel luglio 1999: praticanti del Falun Gong e persone appartenenti ad altri gruppi spirituali o religiosi perseguitati sono stati rapiti e uccisi su scala nazionale nell’ambito del racket del prelievo forzato di organi di cui sono accusati Jang e il suo clan.

Per Jiang e i suoi luogotenenti coinvolti in questo terribile business, mantenere il potere è necessario per impedire che le atrocità vengano e galla e che il governo dia inizio a delle indagini ufficiali.

Oggi, i collaboratori di Jiang stanno facendo tutto il possibile per ostacolare la campagna anticorruzione di Xi, sfruttando persino la questione coreana. Sebbene molti degli alleati di Jiang siano stati epurati, l’influenza della fazione rimane profonda nello Stato e nelle istituzioni commerciali cinesi.

Tra il 2003 e il 2015, un protetto di Jiang, Wang Jiarui, è stato capo del Dipartimento di collegamento internazionale del partito comunista, una struttura che si occupa delle relazioni con altri partiti ‘rivoluzionari’ e in particolare con la Corea del Nord. Wang era solito accompagnare i leader cinesi in visita a Pyongyang.

Alcuni dei seguaci più potenti di Jiang, inclusi i membri del Comitato Permanente del Politburo Liu Yunshan, Zhang Dejiang e Zhang Gaoli, hanno una storia di stretti legami con Pyongyang. Lo scorso settembre, in seguito alla purga dei compagni di Jiang nella leadership della provincia di Liaoning, è stata immediatamente indagata e arrestata Ma Xiaohong, una donna d’affari la cui azienda era stata segnalata dalle autorità statunitensi poiché avrebbe fornito a Pyongyang materiali per la produzione di armi nucleari nonostante i divieti imposti dall’Onu. L’azienda di Ma era basata a Dandong, una città al confine con la Corea del Nord.

Riferendosi allo scandalo di Ma Xiaohong, il commentatore politico residente in Usa, Wen Zhao, ha dichiarato che il commercio illecito si era spinto «ben oltre i limiti di un normale commercio» e che «le autorità locali, o Ma Xiaohong non avrebbero potuto gestirlo senza l’appoggio del governo».

Secondo l’analista cinese Don Tse, «Jiang Zemin si è servito della minaccia nucleare proveniente dalla Corea del Nord per distogliere l’attenzione americana dalle violazioni dei diritti umani in Cina, e per resistere agli attacchi politici delle fazioni all’interno del partito comunista che non hanno le mani sporche di sangue».


Il leader Nord coreano Kim Jong Un (sinistra) ispeziona il missile balistico Hwasong-12, la foto è stata pubblicata dai media di stato Nord coreani il 15 maggio 2017 (STR/AFP/Getty Images)

LA DEBOLE ALLEANZA

La Cina sotto Xi ha imposto una serie di restrizioni al commercio Sino-Nord Coreano, incluso il blocco delle importazioni di carbone e la decurtazione delle vendite di petrolio, inoltre ha sostenuto le sanzioni imposte dall’ONU.

Ciò ha scatenato l’ira di Pyongyang. Ad inizio maggio i media di stato nordcoreani hanno criticato apertamente Pechino (un evento raro) e hanno dichiarato che «è molto pericoloso mettere alla prova la capacità di sopportazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea».

La Korean Central News Agency ha descritto l’opposizione cinese al proprio programma nucleare come «la folle scelta di abbattere il fondamento delle relazioni sino-nord coreane».

In risposta, il Global Times, controllato dal partito comunista cinese, ha dichiarato che la Cina è pronta a reagire a «qualsiasi azione oltrepassi la linea rossa».

Xi stesso ha dichiarato di essere favorevole a provvedimenti severi nei confronti della Corea del Nord, in linea con le direttive ufficiali cinesi che sostengono le sanzioni ONU. Inoltre i media del regime cinese hanno esaltato le riunioni con Trump definendole “fruttuose” e come grandi passi in avanti. Al recente summit del G-20 ad Amburgo, Xi ha sostenuto la richiesta di denuclearizzazione della Corea e ha detto che ordinerà alle forze militari cinesi di prendere parte alle esercitazioni condotte dagli Stati Uniti nel Pacifico.

«Mi lasci dire che è un onore averla conosciuta, stiamo sviluppando una relazione meravigliosa», ha detto Trump a Xi dopo la seconda riunione dell’8 luglio. «Apprezzo quello che hai fatto per risolvere la questione della Corea del Nord».

Mentre la Marina Militare Usa ha spostato una flotta di portaerei nei pressi della Penisola Coreana, ci sono indizi che anche la Cina stia facendo i propri preparativi militari. In aprile, notizie non confermate suggerivano che oltre 100.000 soldati dell’Esercito di Liberazione Popolare erano stati schierati al confine Sino-Nord Coreano.

Nel mese di giugno, una divisione scelta dell’aereonautica cinese è stata riorganizzata per operazioni armate combinate e una parte è stata schierata nella Cina nordorientale, suggerendo che Pechino si stia preparando all’eventualità di neutralizzare rapidamente l’arsenale nucleare nordcoreano.

DIPLOMAZIA DELLA SOPRAVVIVENZA

La leadership Kim, giunta alla terza generazione con il 33enne Kim Jong Un, gestisce un regime inefficiente e opprimente che ricorda la Cina maoista o la Russia stalinista. Secondo Andrei Lankov, uno studioso russo della società e del regime della Corea del Nord, Pyongyang è costretta a ricorrere a quella che egli definisce una «diplomazia di sopravvivenza» poichè si trova nella «condizione poco invidiabile di essere bloccati da un sistema economico obsoleto che non è in grado di generare crescita».

Incapace di stare al passo con la propria pianificazione centrale e di attuare riforme economiche in stile cinese senza rischiare il collasso totale o l’assorbimento da parte della Corea del Sud, il regime di Kim sta sfruttando la minaccia nucleare nella speranza di ricevere aiuti internazionali e altre concessioni, spiega Lankov. Le provocazioni della Corea del Nord sono diventate sempre piu radicali: in sei anni di ‘mandato’ Kim Jong Un ha testato dozzine di missili ballistici, molti di più del padre Kim Jong Il che ha governato per 17 anni.

La provocazione è solo uno dei modi con cui la Corea del Nord disturba la pace. Oltre al normale commercio con la Cina, la Corea del Nord utilizza diversi mezzi illeciti per raccogliere fondi e procurarsi risorse. Le autorità del regime hanno istituito un’industria per la produzione e l’esportazione di droga. Gli hacker nordcoreani effettuano rapine telematiche. Pyongyang invia decine di migliaia di lavoratori all’estero, in paesi come la Cina e la Russia, a lavorare in condizioni di schiavitù, ricevendo in cambio centinaia di milioni o forse miliardi di dollari. Queste sono le attività che sostengono le ambizioni del regime.

LE CONSEGUENZE GEOPOLITICHE 

Convenzionalmente si pensa che la Cina veda la Corea del Nord come un utile stato cuscinetto che la divide dalla Corea del Sud, un forte alleato statunitense. Ma siccome la Cina non ambisce alla rivoluzione marxista, la Corea del Nord sta in realtà interferendo con gli interessi del governo cinese.

Secondo Zang Shan, un giornalista veterano che risiede a Hong Kong, «i test nucleari aggressivi della Corea del Nord hanno danneggiato gli interessi della Cina molto piu del sistema Thaad sviluppato in Corea del Sud. La Corea del Nord non ha semplicemente acquisito armi nucleari, ma ha costretto il Giappone a lavorare con la Corea del Sud, spingendoli a cooperare con gli Stati Uniti».
Secondo Zang che uno degli obbiettivi principali della politica estera cinese in Asia nordorientale sia quello di impedire l’alleanza tra Corea del Sud e Giappone, un obbiettivo che la belligerante Corea del Nord sta rendendo sempre meno realizzabile. Nel frattempo, Zang in un articolo pubblicato dall’edizione cinese di Epoch Times scrive che «per gli Stati Uniti la Corea del Nord è una pedina che giustifica la loro presenza militare in quell’area. In quest’ottica, la minaccia nucleare non è poi cosi preoccupante».

La Russia, da parte sua, può sfruttare la Corea del Nord nella sua strategia globale volta a intaccare gli sforzi degli Stati Uniti e dei suoi alleati e può ridurre la dipendenza della Corea del Nord dalla Cina. Potrebbe esserci la tecnologia russa dietro gli ultimi progetti missilistici nordcoreani, ha scritto nel mese di giugno Tetsuro Kosaka della rivista giapponese Nikkei Asian. Ri Jong Ho, un alto funzionario fuggito dalla Corea del Nord, ha inoltre rivelato in un’intervista con Voice of America rilasciata lo scorso mese che gran parte del fabbisogno di carburante del regime Kim è soddisfatto dal petrolio russo piuttosto che da quello cinese, ma che le navi che raggiungono la Corea del Nord utilizzano documenti fasulli in cui la destinazione del carico risulta essere in territorio cinese.

In un’intervista ridotta ad articolo e pubblicata su Duowei, il piu importante media cinese specializzato in affari coreani, Jin Qingyi, ha sostenuto che una Corea del Nord «isolata» non è solo un problema politico, ma è anche in contraddizione diretta con le strategie commerciali della Cina: «L’unico modo per risolvere la situazione è indurre la Corea del Nord a riformarsi e ad aprirsi; non c’è altro modo. Se la Corea del Nord si riforma e si apre, l’intera regione prospererà».

Le province cinesi nordorientali di Liaoning, Jilin e Heilongjiang, note per la profonda crisi nelle industrie statali pesanti e di estrazione delle materie prime, beneficerebbero di un apertura della Corea del Nord. Liaoning e Jilin confinano con il Paese e Heilongjiang è a nord di queste due province. Secondo Jin Qingyi, «le tre province nord-orientali hanno bisogno di un’economia aperta e il miglior modo per realizzarla sarebbe avere una penisola coreana unita».

Articolo originale: http://www.theepochtimes.com/n3/2267290-china-and-north-korea-a-fading-alliance/

Traduzione di Marco D’Ippolito

 
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