Bagnoli, è scontro frontale tra Renzi e de Magistris

Bagnoli: è guerra tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Sulla bonifica della zona di costa napoletana compresa tra il golfo di Pozzuoli e la collina di Posillipo e devastata da decenni di inquinamento ambientale e bonifiche fasulle, il sindaco di Napoli citato da Il Mattino, ritiene di essere stato scavalacato e lancia pesanti accuse: «Bagnoli si costruisce con Napoli e con chi la rappresenta, non la possono costruire un commissario con un soggetto attuatore, attraverso una Spa composta da chi ha inquinato in passato quello stesso territorio. Il rischio è una nuova stagione di ‘mani sulla città’».
Ma Renzi, col suo decreto Sblocca Italia, tira dritto: «Non intendiamo arretrare di un centimetro – proclama il premier citato da Repubblica – Noi l’Italia la ripuliamo». E annuncia un intervento di 272 milioni di euro.

L’ex area delle acciaierie Italsider di Bagnoli è al momento sotto sequestro, e il premier intende chiedere il 15 maggio l’autorizzazione alla Procura per il dissequestro: «La procedura sarà trasparente e verificabile costantemente. La parola ‘camorra’ non deve entrare nel capitolo Bagnoli. Napoli è più forte della criminalità», afferma Renzi. La fine dell’intervento? Il 2019, secondo il Primo ministro.

La cabina di regia è affidata al commissario per Bagnoli Salvo Nastasi, personaggio poco in vista ma molto benvoluto dal premier, che secondo alcune voci lo vorrebbe anche futuro sindaco di Napoli. Nastasi ha esperienza nel campo dei restauri (teatro San Carlo) e della cultura; si dice sia uomo dai modi bruschi, e non è in buoni rapporti con l’attuale sindaco de Magistris. A questo proposito, il dovere di cronaca impone di approfondire la figura poco nota di Salvo Nastasi, che è anche – per così dire – uno dei numerosi ‘intercettati’ del nostro Paese, con una storia di conversazioni telefoniche registrate (come riportano Affari Italiani e Arte.com) e di ‘apparizione’ del proprio nome in diverse indagini della magistratura (come riportano, ad esempio, La Gazzetta del Mezzogiorno, il ManifestoA Teatro, L’Editoriale e Repubblica).
Nulla da dire, naturalmente, sulla professionalità e l’onestà di Salvo Nastasi, mai indagato e sempre uscito pulito e indenne dalle situazioni in cui è apparso il suo nome: solo, è comprensibile l’antipatia che divide Nastasi e l’ex magistrato Luigi de Magistris.

A dare la loro opinione sui lavori di bonifica di Bagnoli, sono presenti anche ogni genere di autorità locali e di associazioni, quali, secondo RepubblicaLegambiente, la Soprintendenza e l’Università Federico II.

Ma de Magistris rivendica il ruolo del comune e non è affatto d’accordo con la nomina di Nastasi. Considerata la recente storia ‘giudiziaria’ di Bagnoli, il passato da magistrato del sindaco e le sue indagini contro la corruzione nella politica, de Magistris è particolarmente sensibile alla tematica, ed è evidente quanto non si fidi di Renzi. Il sindaco non usa infatti mezzi termini con i giornalisti: «È una torbida saldatura tra presunto interesse pubblico e ben individuato interesse privato. Questa è una grande battaglia democratica e Renzi la perderà, stia sereno. Non si metteranno le mani sulla città [il riferimento è probabilmente a Le Mani sulla Città, il noto film di impegno civile del 1963 diretto da Francesco Rosi, che denuncia la corruzione e la speculazione edilizia che imperversavano a Napoli negli anni del boom economico, ndr]».

Il sindaco si è quindi rifiutato di far parte della cabina di regia su Bagnoli, a cui pare parteciperà anche il presidente della Regione De Luca. Renzi replica: «Siamo al quinto anno di amministrazione cittadina: se avessero fatto quello che potevano e dovevano, non avremmo avuto bisogno di commissariamento. Siamo qui perché altri non hanno fatto».
Il premier è «assai bugiardo – replica de Magistris secondo Ilroma.net – perché ha dato la colpa al comune per questo ritardo. Ma lui, da presidente del Consiglio, sa benissimo che le bonifiche spettano allo Stato». E, citato dal Mattino, de Magistris continua: «Se oggi Renzi ha dovuto metterci la faccia è perché nel dicembre 2013 abbiamo fatto l’ordinanza ‘Chi inquina paga’ e finalmente ha annunciato di iniziare a fare la bonifica che da anni chiediamo».

LA STORIA DI BAGNOLI

Per inquadrare la situazione di Bagnoli è anche necessario dare uno sguardo alla sua storia: inizialmente antica sede di terme miracolose, poi fiore all’occhiello del miracolo industriale italiano, e infine area devastata da bonificare. Il quartiere di Napoli nel cuore dei Campi Flegrei ha subito un corso d’eventi non troppo diverso da quello di Taranto con l’Ilva, fino alla chiusura nel 1992, per poi tornare alla ribalta a causa delle polemiche sulla sua bonifica.
Fin dai tempi dei greci, le terme di Bagnoli erano famose: si riteneva che avessero ottime proprietà salubri, e la loro popolarità si era conservata – anche se a fasi alterne – fino all’età moderna, svanendo solo quando si è deciso di utilizzare l’area a scopo industriale.

Nel 1911, venne aperto il polo siderurgico Italsider (anche noto come ‘Ilva’); il suo sviluppo frenò durante la prima guerra mondiale, e regredì del tutto quando i tedeschi lo distrussero alla fine della seconda. Ma negli anni del boom del dopoguerra, il sito venne ricostruito e ampliato, trasformando definitivamente Bagnoli in un polo industriale, in barba ai sostenitori della linea secondo cui lo sviluppo dovesse avvenire in armonia con il territorio (un’area archeologica e termale, turistica: non da produzione di acciaio).

Certo non è facile (e forse nemmeno giusto) ‘sputare nel proprio piatto’: la sola Ilva già negli anni 20 impiegava 4 mila lavoratori, e negli anni successivi arrivava al milione di tonnellate annue di produzione di ghisa e acciaio. Questo in un periodo non così sensibile come oggi, alle tematiche ambientalistiche, e un po’ più sensibile a quelle della guerra, per forza di cose.

Nel secondo dopoguerra, all’Ilva si aggiunsero altre industrie, finché l’inquinamento diventò massiccio e pericoloso. Da lì l’esigenza di una riqualificazione. Ma il primo tentativo di bonifica ha portato a ripetuti sequestri dell’area (nel 2011, 2013 e 2014), al fallimento di Bagnoli Futura – società incaricata della riqualificazione – e all’iscrizione nel registro degli indagati di vari dirigenti.
Dopo aver speso 107 milioni di euro, secondo la Procura di Napoli la bonifica era stata effettuata solo «virtualmente», e anzi aveva comportato «una miscelazione dei pericolosi inquinanti su tutta l’area oggetto della bonifica con aggravamento dell’inquinamento dei suoli rispetto allo stato pre bonifica». Insomma, la ‘bonifica’ aveva peggiorato le cose: sostanze inquinanti gettate in mare, rifiuti malgestiti e così via.

Anche da qui nasce probabilmente la sfiducia del sindaco de Magistris. Ma resta anche l’importanza per il premier di questa sua ennesima battaglia, che – se vinta – indebolirebbe in un sol colpo due delle maggiori critiche nei suoi confronti: quella di vicinanza a persone di dubbia reputazione e quella di disinteresse verso il Sud.

 
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