Arabia Saudita in piena guerra di potere fra monarchici e vetero-comunisti

Gli equilibri dell’Arabia Saudita sono stati scossi in novembre, in seguito a un’indagine per corruzione conclusasi con l’arresto di 11 principi e 38 importanti personalità, fra cui ministri, ufficiali dell’Esercito e uomini d’affari. Resta da vedere se la casata reale saudita riuscirà a colmare pacificamente il vuoto di potere e a sbarazzarsi del fondamentalismo religioso, che da anni danneggia le relazioni con i Paesi occidentali.

Una neo-fondata commissione anti-corruzione guidata dal principe Mohammed bin Salman ha condotto gli arresti, che sono iniziati il 4 novembre e hanno portato alla cattura di oltre 500 persone. Una notizia sorprendente, poiché molti degli alti funzionari e membri della famiglia reale arrestati, erano famosi per essere incredibilmente ricchi, possedere super yacht, jet privati e centinaia di automobili. E per essere considerati al di sopra della legge.

La stampa filo-governativa saudita ha scritto che gli arresti sono un chiaro segnale di quanto il Principe sia intenzionato a varare un importante programma di riforme. E il Governo stesso ha dichiarato che gli arresti fanno parte degli sforzi volti ad aumentare la trasparenza, la responsabilità e il buon governo, sradicando la corruzione e riappropriandosi dei beni sottratti indebitamente alle finanze pubbliche.

Ma secondo gli scettici, il vero scopo di questo giro di vite anticorruzione, è quello di rimuovere ogni ostacolo all’ascesa del Principe, prima della sua salita ufficiale al trono. A ogni modo, uno dei fattori principali che ostacolano le riforme e l’ascesa del giovane principe, sono le interpretazioni radicali dell’Islam, che da alcuni decenni vengono sfruttate per giustificare il terrorismo nel mondo e l’applicazione rigorosa della legge coranica nel Paese.

Il più celebre degli arrestati è il principe miliardario Alwaleeb bin Talal (il 50esimo uomo più ricco del mondo) i cui contrasti con la Corona si sono intensificati dopo che re Abdullah ha annunciato l’identità dell’erede al trono. In passato, il padre di Alwaleed è stato uno dei principali fautori del propagarsi delle interpretazioni fondamentaliste dell’islam nella penisola arabica, mentre in tempi recenti Alwaleed stesso – così come altre personalità arrestate nel mese di novembre – ha svolto un ruolo cruciale nell’esportazione all’estero di tali ideologie.

Il principe saudita Alwaleed bin Talal, recentemente arrestato, parla durante una conferenza stampa, l’11 maggio, nella città di Jeddah, nel Mar Rosso. (Umer Hilabi/AFP/AFP/Getty Images)

AMBIZIONI NEGATE

Nel 2009 Forbes scriveva che il principe Alwaleed «ha annunciato pubblicamente che diventerà re», facendo presente che, durante la sua carriera diplomatica, era entrato in contatto con oltre 209 tra primi ministri e capi di Stato, e che aveva stretto legami con Barack Obama e con le famiglie Bush e Clinton.

A marzo del 2009, il padre di Alwaleed, Talan bin Abdulaziz al-Saud, ha iniziato a chiedere pubblicamente al re dell’Arabia Saudita Abdullah, chi avrebbe nominato come suo successore, ed è diventato chiaro che suo figlio non era tra i candidati.
Quando, a ottobre 2011, re Abdullah ha annunciato che Mihammad bin Nayef al-Saud (e non Alwaleed) sarebbe diventato Principe della Corona, Talan ha esternato il suo disappunto: si è dimesso dal Consiglio di Fedeltà, l’organo incaricato di stabilire il legittimo successore al trono. E un mese dopo, secondo quanto riportato dall’Istituto di ricerca sul Medio Oriente (Memri), ha affermato che «il braccio della giustizia» dell’Autorità anti-corruzione nazionale poteva colpire chiunque, senza alcun ‘rispetto’ dello status; e a giugno 2012, ha persino messo pubblicamente in dubbio la legittimità del Principe della Corona.

È verosimile, per chi conosce la storia di Talal, che le sue parole siano suonate come una minaccia.

IL PRINCIPE ROSSO

Talal ha una lunga storia politica legata al fondamentalismo islamico, e in passato è stato anche sospettato di aver organizzato un colpo di Stato in Arabia Saudita.
Negli anni ’50 le idee comuniste sono arrivate in Arabia Saudita sotto le mentite spoglie della ‘modernizzazione’. Un fenomeno simile si era già manifestato in Egitto, dove i Fratelli Mussulmani stavano diffondendo una nuova forma di islamismo che univa il socialismo con la religione islamica.

Questo nuovo sistema è stato creato da Sayyid Qutb (considerato il padre fondatore dei Fratelli Mussulmani), i cui libri hanno contribuito a formare la base teorica su cui poggiano i regimi islamici odierni.
Zuhdi Jasser, presidente dell’Assemblea islamica americana per la democrazia, sostiene che Sayyid Qutb «nei suoi scritti, cita continuamente l’ideologia islamica per giustificare l’instaurazione di un sistema teocratico», e che il socialismo islamico di Qutb, che lui definisce ‘islamismo’, ha distorto il concetto di sharia (la legge islamica) e legittimato l’idea che la religione debba essere imposta dallo Stato.

Qutb era anche un sostenitore della ‘Jihad d’Attacco’, un’ideologia che legittima le conquiste armate nel nome dell’islam. Il saudita Osama Bin Laden era stato istruito da un allievo del fratello di Qutb, e le idee di Qutb hanno contribuito a ispirare il gruppo terroristico di al-Qaeda.
Secondo il libro del 2005 “The Saudi Enigma: A History” di Pascal Méntoret, lo studioso islamico di sinistra Ali al-Umaym ha descritto l’Islam dei Fratelli Mussulmani come un’ideologia che «tiene conto di comunismo, socialismo, nazionalismo, liberismo e di tutti i tipi di correnti occidentali».

STORIA DEL COMUNISMO ARABO

In Arabia Saudita negli anni ’50, i movimenti comunisti e socialisti chiedevano al Governo riforme in stile egiziano, che modificassero l’antico sistema monarchico. Tra questi gruppi c’erano il Comitato centrale dei Lavoratori arabi, l’Organizzazione dei Comunisti sauditi e il Fronte nazionale Rinnovatore, che nel 1958 si sarebbe trasformato nel Fronte di Liberazione nazionale, un precursore del partito comunista dell’Arabia Saudita.

Le idee rivoluzionarie hanno raggiunto persino la famiglia reale: un gruppo di principi ha creato il movimento dei Principi liberi, chiedendo riforme e sfidando apertamente l’autorità del re. Alla guida di questo movimento c’era il padre di Alwaleed, Talal, che per questo è noto come il Principe Rosso.

Secondo quanto riportato da Méntoret, Re Saud (che ha regnato fino al 1964) aveva messo al bando il movimento dei Principi Liberi, etichettandolo come una forma camuffata di comunismo. Per ristabilire l’ordine, il Re intraprese diverse iniziative e fondò l'”Università del Re Saud”, basandosi sul nuovo modello di islam dei Fratelli Mussulmani.
Ma per i comunisti non era abbastanza: nel 1962 un pilota dell’aeronautica saudita fuggì in Egitto, e fece trapelare la notizia che un’organizzazione comunista in Arabia Saudita stava preparando un golpe. Le autorità saudite perquisirono i palazzi di Talal, che criticò la casata reale e andò temporaneamente in esilio in Egitto.

Nel 1969 venne sventato un altro colpo di Stato. A questo proposito Méntoret afferma che «centinaia di funzionari, impiegati e civili furono arrestati». Nel corso dell’anno successivo ci furono altri tre tentativi di golpe.
Negli anni ’70 Talal iniziò gradualmente a prendere le distanze dai movimenti rivoluzionari, ma il figlio Alwaleed ha continuato a sostenere i movimenti comunisti e i Fratelli Mussulmani  e soprattuto a lottare per il potere.

IL POTERE INNANZITUTTO

Alwaleed ha avuto il ‘merito’ di esportare le idee politiche del padre negli Stati Uniti. Nel corso di un’intervista trasmessa nel 2008 da Ny1 Tv durante il talk show Inside City Hall, Percy Sutton, notoriamente filo-comunista ex sindaco del distretto di Manhattan, ha affermato di aver incontrato un giovane Barack Obama, mentre il futuro presidente stava studiando presso la Facoltà di Giurisprudenza di Harvard, alla fine degli anni ’80.

Sutton ha dichiarato di essere stato presentato a Obama «da un amico che stava raccogliendo fondi per lui», il dottor Khalid al-Mansour, «un consulente chiave di uno degli uomini più ricchi del mondo». Al-Mansour aveva chiesto a Sutton di scrivere una lettera a un amico di Harvard per raccomandare il giovane Obama.

Barack Obama incontra il re Salman al palazzo Erga di Riyadh, in Arabia Saudita, il 27 gennaio 2015. (Saul Loeb/Afp/Getty Images)

L’individuo che Sutton aveva descritto come «uno degli uomini più ricchi del mondo» era Alwaleed. E il suo consulente, al Mansour, lo stava aiutando nel progetto volto a finanziare l’educazione di individui che si sarebbero potuti rivelare utili in futuro.

Secondo Trevor Loudon (autore del libro The Enemies Within), l’identità del principale consulente di Alwaleed è particolarmente significativa. Al Mansour, in precedenza noto come Donald Warder, era stato il mentore di Huey Newton, fondatore delle Pantere Nere, un’organizzazione che ambiva a una rivoluzione afroamericana, basata sul modello della guerriglia maoista.

In un primo momento la linea della campagna elettorale di Obama rinnegava ogni legame con Sutton, ma un giornale ha poi ritrovato un editoriale del 1979, scritto da Vernon Jarrett per il Chicago Tribune, che titolava: ‘Gli arabi stringeranno legami con i neri finanziando la loro ascesa?’.

L’Investor’s Business Daily, nel settembre del 2012, ha notato che l’articolo di Jarrett descriveva minuziosamente il programma di al-Mansour: un progetto decennale che stanziava 20 milioni di dollari all’anno, per finanziare studenti appartenenti alle minoranze etniche. L’editoriale sosteneva anche che «questi studenti entreranno poi a far parte del sistema politico, promuovendo la causa palestinese e quella del fondamentalismo islamico».

Alwaleed ha inoltre finanziato corsi di studio islamici legati ai Fratelli Mussulmani e a organizzazioni sospettate di terrorismo, nonché università sparse in tutto il mondo. Nel dicembre del 2005, Alwaleed ha infatti donato 20 milioni di dollari al Centro per le relazioni tra islam e cristianesimo dell’Università di Georgetown. Questa donazione è considerata alquanto controversa, a causa del direttore del centro, John Esposito, che nel 2008 è stato descritto da FrontPage Magazine come «un personaggio noto per i suoi vigorosi discorsi in giustificazione dell’estremismo islamico». In quello stesso periodo, Alwaleed donava altri 20 milioni di dollari per fondare un programma simile presso l’Università di Harvard. E Suzanne Dershowitz, dell’American Enterprise Institute, ha in proposito scritto un articolo per National Review, in cui si afferma che le finalità recondite di questo programma sono «dare voce alla retorica anti americana, alle teorie complottiste e, in nome del relativismo culturale, legittimare le condizioni di oppressione caratteristiche del mondo arabo».

 

Articolo Originale: Recent Arrests Clear Way for Reform of Saudi Arabia and Its US Ties

Traduzione a cura di Marco D’Ippolito

 
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