Amnesty aiuta donna cinese a sfuggire alla persecuzione contro il Falun Gong

Quando si tratta di diritti umani in Cina, spesso si dubita che le atrocità del Partito possano essere limitate con mezzi non violenti – tuttavia, un recente caso di Taiwan fornisce qualche motivo di speranza.

Sebbene detenuta a lungo e torturata dalle autorità cinesi per il suo credo spirituale, Chen Zhenping della provincia di Henan, nella Cina centrale, è stata liberata a marzo grazie agli sforzi intensi di una filiale taiwanese di Amnesty International. Il caso è stato motivo di festeggiamenti sull’isola, e nella sua nuova casa in Finlandia, dove si è potuta finalmente ricongiungere con la figlia.

Le due donne si sono incontrate di nuovo il 9 ottobre, dopo una separazione di sette anni dovuta all’arresto della Chen per il suo credo. Entrambe praticano la disciplina spirituale del Falun Gong, che in Cina è perseguitata dal regime comunista.

VIAGGIO VERSO LA LIBERTÀ

La storia del viaggio verso la libertà della Chen ha avuto inizio nel dicembre 2012, quando il Group 32, la filiale taiwanese di Amnesty International, si è interessato al suo caso. Nei tre anni successivi, i membri dell’associazione umanitaria hanno fatto costantemente pressione sui persecutori della Chen e allo stesso tempo si sono appellati al governo e ai media della Finlandia, così come alle autorità cinesi.

Su Ling, che attualmente presiede il Group 32 di Taiwan, con sede a Taipei, aveva inizialmente riposto poche speranze nel buon esito dell’impresa, definendola una «missione impossibile».

Secondo un articolo pubblicato da Minghui.org, un sito web gestito dai praticanti del Falun Gong che raccoglie informazioni sulla persecuzione, la Chen era stata rapita nel 2008 dalla sua casa nella città di Zhengzhou, provincia di Henan. È stata poi rinchiusa nel carcere femminile della città di Xinxiang, sempre nell’Henan, dove è stata torturata e costretta a lavorare come una schiava nella struttura, che funziona anche come fabbrica di abbigliamento.

Le possibilità di salvare la Chen apparivano esigue: quello del Falun Gong, una pratica meditativa cinese radicata nelle antiche tradizioni buddiste e taoiste, è uno dei gruppi più severamente perseguitati in Cina. È preso di mira dal Partito Comunista dal 1999, quando l’allora leader Jiang Zemin lo ha dichiarato una «religione eretica». Nel corso della campagna persecutoria, che perdura tuttora dopo 16 anni dal suo inizio, si ritiene siano state uccise decine di migliaia di persone.

Durante questi anni, i responsabili degli abusi perpetrati nei confronti di Chen Zhenping – i funzionari del carcere femminile, la Pubblica Sicurezza (vale a dire la polizia cinese) e la magistratura – sono stati tempestati di innumerevoli lettere che richiedevano la sua liberazione e la cessazione degli abusi. Queste lettere erano spesso indirizzate individualmente ai direttori, ai comandanti e alle guardie delle prigioni, in modo da far loro sapere che le violenze che avevano commesso non erano rimaste nell’anonimato. Tattiche simili erano state utilizzate in precedenza nello stesso anno, per favorire la liberazione dal carcere di un’attivista per i diritti delle donne birmane.

L’INQUISIZIONE MARXISTA

Intervistata da New Tang Dynasty Television, un canale televisivo americano che ha sede a New York, Chen Zhenping ha descritto le torture specificamente designate per costringere i praticanti del Falun Gong a rinunciare al loro credo spirituale.

Già nel 2003, la Chen era stata condannata a tre anni di reclusione nel ‘Campo femminile di lavoro forzato Shibalihe’ nella provincia dell’Henan, dove era stata sottoposta all’alimentazione forzata e torturata con una particolare camicia di forza, ideata con lo scopo di ‘trasformare’ i praticanti del Falun Gong.

Questa camicia di forza, realizzata in modo da stringersi ogni volta che la persona che la indossa si dimena, viene messa alle prigioniere prima di essere legate con resistenti corde con le gambe e le braccia dietro la schiena, e può provocare lesioni di ogni tipo alle articolazioni e persino la morte. Una delle compagne di cella della Chen, la praticante del Falun Gong Sun Simei, è morta dopo essere stata torturata per una giornata intera proprio in questo modo. La prigione ha raccontato alla famiglia che era deceduta a causa di un attacco cardiaco.

Oltre a essere stata legata nella camicia di forza e appesa alla finestra della cella, quando la Chen ha iniziato uno sciopero della fame per ribadire il suo rifiuto a collaborare con i tentativi di ‘trasformarla’, il personale del campo di lavoro l’ha sottoposta all’alimentazione forzata. In un caso, la tortura è stata così violenta da causarle un collasso circolatorio, tanto che l’ospedale ha richiesto alla figlia di portarla a casa per via delle condizioni critiche in cui versava.

OCCHI E PENNE SUL REGIME

Secondo un articolo del 2009 pubblicato su Minghui, Chen Zhenping è stata arrestata e condannata per la seconda volta nel luglio del 2008, in previsione dei Giochi Olimpici di Pechino. Di conseguenza, sua figlia Jin Zhaoyu, che stava già vivendo in Finlandia, ha portato la questione all’attenzione internazionale con l’aiuto di Amnesty International e dei media finlandesi.

Le lettere scritte dai membri di Amnesty International, sia alla comunità internazionale che alle autorità cinesi, hanno esposto dettagliatamente la persecuzione alla quale la Chen era sottoposta ed evidenziato la natura anticostituzionale della persecuzione contro il Falun Gong.

I membri del Group 32 erano consapevoli che le probabilità che le loro lettere avessero un buon esito erano esigue. Tuttavia, confidavano nel fatto che i continui solleciti all’attenzione internazionale avrebbero fatto pressione sulle autorità carcerarie affinché la Chen venisse almeno trattata con maggiore clemenza.

«Quando si ha a che fare con il regime comunista, c’è la forte probabilità di non avere un riscontro positivo», ha detto Su Ling a Epoch Times. «Tuttavia, abbiamo deciso di provarci comunque».

A motivare la Su è stata la consapevolezza della grave persecuzione alla quale devono far fronte milioni di praticanti del Falun Gong nella Cina continentale – oltre alla prigionia e alle torture, i praticanti ‘ostinati’ vengono trasferiti negli ospedali, dove vengono sottoposti al redditizio prelievo forzato degli organi vitali e conseguentemente uccisi.

«È la triste realtà, ed è davvero straziante», ha detto la Su. «Dobbiamo far sapere sempre a più persone che un consistente numero di cinesi della Cina continentale sono perseguitati per la loro religione e il loro credo». «Non ci sarà sicuramente alcun effetto se non facciamo nulla; tuttavia, se agiamo, qualcosa ne verrà fuori», ha aggiunto.

Nel mese di settembre, dopo essere stata liberata dalla prigione femminile, Chen Zhenping si è rifugiata in Thailandia con l’aiuto di alcuni amici, e successivamente ha raggiunto la Finlandia. «Oggi sono finalmente in un Paese libero, la bella Finlandia», ha detto la Chen il 9 ottobre. «Voglio ringraziare Amnesty International e quelle persone comprensive che mostrano il loro sostegno ai praticanti del Falun Gong perseguitati, i quali sostengono il loro credo nella verità, nella compassione e nella tolleranza».

 
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