Figlia cerca giustizia per il padre, in un Paese senza legge

Il 28 gennaio 2009, i familiari di Jiang Xiqing hanno ricevuto una telefonata dal campo di lavoro Xishanping della città di Chongqing, nella Cina sud-occidentale, e sono stati informati che l’uomo era morto improvvisamente. La spiegazione ufficiale per il decesso del 66enne era «infarto miocardico». Tuttavia, il giorno prima i familiari avevano fatto visita al signor Jiang e godeva di buona salute.

Dopo la notizia, i suoi quattro figli e altri tre membri della famiglia si sono messi in macchina e si sono precipitati al campo. Non appena sono arrivati sul posto, alcune guardie che puzzavano di alcol li hanno portati nel vicino Hotel Yuxun, dove hanno dovuto aspettare per diverse ore. Quando finalmente sono stati portati all’obitorio, alla vista del corpo dell’uomo disteso sul tavolo estratto dalla cella mortuaria, sono corsi sopra di lui. «Mio padre non è morto, è vivo!» ha urlato Jiang Hong, la figlia maggiore. Nel toccare frettolosamente il volto e il petto dell’uomo, i familiari lo trovavano più caldo delle loro stesse mani.

Prese dal panico, le guardie hanno cominciato a gridare e ad attaccare fisicamente i familiari. «Di fronte a questo attacco improvviso e alla smisurata moltitudine di guardie, eravamo afflitti, indignati e impotenti», ha scritto successivamente la figlia minore Jiang Li, in una petizione che è parte di un prolungato tentativo di richiesta di giustizia.

Nei sei anni successivi alla morte del padre, Jiang Li ha cercato di scoprire come fosse morto, anche per poter portare davanti alla giustizia i funzionari cinesi coinvolti. A un certo punto è stato persino detto alla famiglia che gli organi di Jiang Xiqing erano stati rimossi e trasformati in «campioni medici». Quando divenne chiaro che la figlia e gli altri familiari non si sarebbero placati, il caso ha cominciato ad assumere i tipici tratti delle storie di repressione cinese: gli avvocati che erano stati ingaggiati dalla famiglia sono stati seguiti, torturati e picchiati, e per comprare il loro silenzio sono state offerte loro ripetutamente delle ingenti somme di denaro.

Alla sua morte, Jiang Xiqing aveva scontato soltanto metà della condanna, che consisteva in un anno di rieducazione attraverso il lavoro forzato. Il suo unico crimine consisteva nell’aver praticato il Falun Gong, una pratica spirituale tradizionale che è perseguitata in Cina da ormai 16 anni. Al tempo in cui è avvenuto, il caso di Jiang Xiqing aveva attirato molta attenzione intenzionale, anche perché gli avvocati coinvolti avevano riferito ai media stranieri e alle organizzazioni per i diritti umani gli abusi subiti per mano della polizia cinese.

Epoch Times ha recensito una serie di documenti attinenti a questo caso, tra cui: il rapporto ufficiale dell’autopsia dall’Istituto di Medicina Legale di Chongqing; una trascrizione di 43 pagine relativa a un incontro che si è tenuto tra i membri della famiglia di Jiang e funzionari di Chongqing nel dialetto della città; le testimonianze scritte dei familiari sulle circostanze che hanno portato alla morte di Jiang Xiqing, e infine i documenti inerenti alla petizione presentata ai dipartimenti governativi.

Attualmente, Jiang Li si trova a New York ed è ancora afflitta, indignata e sempre più impotente riguardo alla misteriosa morte del padre. Quanto segue è la sua storia.

VERITÀ, COMPASSIONE E TOLLERANZA

Negli anni 80 e 90, milioni di cittadini cinesi si recavano regolarmente nei parchi e nelle piazze pubbliche per praticare gli esercizi di qigong, una tipologia di discipline cinesi simili al Tai Chi. Dal momento che le pratiche di qigong rappresentavano un modo economico ma efficace per rimanere in buona salute, cosa che permetteva di alleviare la pressione finanziaria sui servizi sanitari statali, il Partito Comunista Cinese le aveva sostenute. Dopo che il Falun Gong, una pratica che consiste in una serie di cinque esercizi meditativi, è stato diffuso pubblicamente nel 1992, è diventato rapidamente una tra le discipline di qigong più popolari. Quello che attraeva di più del Falun Gong (noto anche come Falun Dafa) era la sua promessa di elevazione morale: nella loro vita quotidiana, i praticanti aderiscono infatti ai principi di verità, compassione e tolleranza.

Luo Zehui, moglie di Jiang Xiqing, ha iniziato a praticare il Falun Gong nel 1996. Come molti altri cinesi sperava di provare sollievo da quella miriade di problemi di salute che la affliggevano, e con sua sorpresa, ha scoperto che la sua salute e il suo umore erano migliorati. Mentre aiutava la moglie analfabeta a leggere lo Zhuan Falun, il testo principale del Falun Gong, Jiang Xiqing è stato attratto fortemente dagli insegnamenti che includeva e così anche lui ha deciso di apprendere la pratica. Successivamente, la coppia di coniugi ha introdotto il Falun Gong ai loro figli.

Nel 1999, il Falun Gong sembrava onnipresente in Cina: un sondaggio ufficiale ha riscontrato che settanta milioni di cittadini cinesi eseguivano regolarmente gli esercizi in pubblico. Le fonti del Falun Gong sostengono che il numero di coloro che avevano intrapreso la pratica superasse i cento milioni.

«TROPPO SEVERA!»

Agli occhi dell’allora leader del Partito Comunista Jiang Zemin (nessuna parentela con Jiang Li), i pacifici meditatori erano una minaccia alla «stabilità sociale» e al Partito. Il 20 luglio 1999, Jiang ha ordinato all’immenso dispiegamento di forze della sicurezza del Paese di ‘sradicare’ il Falun Gong. I praticanti venivano licenziati dai loro impieghi, inviati nei campi di lavoro per la rieducazione ideologica e sottoposti alle torture fino a quando avessero rinnegato il loro credo e dichiarato fedeltà al Partito.

Secondo le statistiche incomplete fornite dal sito Minghui.org, un centro d’informazione sulla persecuzione del Falun Gong, nel corso della persecuzione sono stati uccisi dalle torture e dagli abusi più di 3.900 praticanti, e in centinaia di migliaia languono tuttora in carcere. Alcuni ricercatori hanno stimato che tra il 2000 e il 2008 sono stati uccisi per i loro organi 65 mila praticanti del Falun Gong. Considerato che il prelievo forzato degli organi è continuato negli anni successivi fino a oggi, si ritiene che il numero totale delle vittime vada ben oltre le 100 mila unità.

Dopo l’inizio della campagna contro il Falun Gong, Jiang e Luo si sono recati a Pechino per protestare. A Chongqing, hanno distribuito del materiale informativo con l’intento di spiegare i principi del Falun Gong e di confutare la propaganda in stile Rivoluzione Culturale messa in atto dal Partito, mirata a istigare l’odio contro la pratica. La coppia di coniugi è stata poi arrestata per aver preso le difese della pratica e inviata a frequentare dei corsi rieducativi, che in un primo momento non erano troppo violenti. Inizialmente, a causa della loro età, sono sfuggiti ai brutali pestaggi e ai faticosi lavori forzati ai quali molti praticanti del Falun Gong prigionieri erano assoggettati.

Tuttavia, quando nel 2008 sono iniziate le Olimpiadi a Pechino e il mondo stava lodando la Cina per la sua comparsa sulla scena mondiale, le cose sono cambiate. Luo Zehui è stata arrestata dalla polizia di Chongqing il 13 maggio 2008, mentre stava distribuendo il materiale del Falun Gong per le strade. In seguito, sempre nello stesso giorno, la polizia ha fatto irruzione nella loro casa e ha trascinato via Jiang Xiqing mentre si stava aggiornando sul terremoto che aveva colpito il Sichuan il giorno prima.

Jiang è stato condannato a un anno di lavori forzati al Campo di lavoro forzato di Xishanping. La moglie è stata processata in segreto ed è stata condannata a otto anni di reclusione da scontare presso la Struttura correttiva femminile di Yongchuan, dove è stata picchiata fino allo svenimento in almeno tre occasioni. «Otto anni! È una pena troppo severa», ha lamentato mentre piangeva Jiang Xiqing, quando ha saputo della punizione di sua moglie. Era il secondo giorno del nuovo anno lunare, quella che per le famiglie cinesi è la festa più importante.

«MIO PADRE È ANCORA VIVO»

Il 27 gennaio 2009, il giorno prima che Jiang Xiqing morisse in carcere, la sua famiglia lo aveva visto vivo e vegeto in una delle rare visite che erano state loro concesse. Jiang Guiyu, la sua nipotina di due anni e mezzo, aveva cercato di regalargli una pannocchia di granturco, ma le guardie avevano impedito che la prendesse. A quel punto la bambina ha pescato dalla tasca una manciata di noccioline ed è riuscita a passargliele furtivamente. Quando la visita è stata interrotta dalle irose guardie carcerarie, Jiang ha mandato un bacio alla sua nipotina attraverso una fenditura della porta. «Non avevamo assolutamente idea che quella sarebbe stata l’ultima volta che avremmo visto nostro padre», hanno scritto i familiari nella petizione.

Il giorno seguente, alle 15:40, una telefonata li ha informati che Jiang era morto un’ora prima. La famiglia, che si è affrettata a raggiungere la struttura, è stata condotta all’obitorio nei pressi del campo di lavoro soltanto verso le 22:00. La prima cosa che hanno notato – e che costituisce una parte fondamentale del mistero irrisolto – è il calore del corpo dell’uomo. Era ancora morbido al tatto, anche dopo aver trascorso presumibilmente sette ore nella cella frigorifera dell’obitorio.

«Venite a soccorrere nostro padre! È ancora vivo!», ha urlato un membro della famiglia, secondo quanto riportato su Minghui.org. Quando però i familiari hanno cercato di tirare fuori il corpo per tentare di rianimarlo, le guardie carcerarie, che erano in soprannumero, li hanno fatti uscire a forza dalla stanza, lasciandoli con questo dubbio. Jiang Li è così uscita all’obitorio per chiamare la polizia. Quando ha riattaccato il telefono, una delle guardie accanto a lei l’ha guardata e le ha detto con tono agghiacciante: «È inutile. La polizia è proprio qui». Alcuni giorni dopo, la polizia ha infine cremato il corpo del uomo, contro la volontà espressa della famiglia.

L’OCCULTAMENTO

Nei mesi successivi, le autorità di Chongqing hanno dato avvio a un sistematico occultamento del caso, fornendo in primo luogo dei resoconti contrastanti sulla morte di Jiang. Nella spiegazione iniziale si sosteneva che l’improvviso attacco cardiaco era stato causato dal ‘gua sha’, il tradizionale trattamento medico cinese per aprire i canali energetici che consiste in una morbida raschiatura della pelle con un oggetto piatto e che produce leggeri ematomi.

A questa spiegazione è stato aggiunto un dettaglio inquietante: quando il 27 marzo del 2009 i membri della famiglia hanno incontrato diversi funzionari di Chongqing per avere il rapporto ufficiale dell’autopsia, Zhou Bailing, un supervisore della Procura di Chongqing, ha comunicato loro che gli organi di Jiang erano stati rimossi e trasformati in «campioni medici». La famiglia, che ha insistito perché l’incontro venisse registrato, ha prodotto una trascrizione di 43 pagine, che Epoch Times ha recensito insieme all’audio e al rapporto ufficiale dell’autopsia.

La versione dell’accaduto è però cambiata successivamente. In un incontro tenutosi nel giugno dello stesso anno con due membri della famiglia, circa venti funzionari del Partito provenienti dall’Ufficio 610 di Chongqing, l’ufficio della Pubblica Sicurezza, e da altri dipartimenti, hanno insistito nell’affermare, in contrasto con la spiegazione del ‘gua sha’, che sul corpo di Jiang non vi fossero ematomi.

In seguito, i funzionari si sono offerti di risolvere la questione finanziariamente a condizione che la famiglia avesse interrotto le indagini. Nel corso di un incontro privato tenutosi nello stesso anno, Chen Jiurong, vice direttore del dipartimento di polizia di Chongqing, ha proposto alla famiglia di abbandonare il caso in cambio di un compenso di 300 mila yuan (44 mila euro circa) e del rilascio della madre sulla parola, ha raccontato Jiang Li. Davanti a questo rifiuto, nel 2012, due poliziotti di Chongqing hanno proposto a Jiang Li di «stabilire direttamente lei una qualunque cifra» per ritirarsi dal caso.

Non solo Jiang Li e gli altri familiari hanno ignorato queste proposte, ma contrariamente, hanno presentato una petizione alle autorità centrali di Pechino per indagare su questa morte ingiustificata. «Per i funzionari cinesi, dal momento che le petizioni presentate dai cittadini ai livelli più alti della burocrazia cinese hanno un’influenza negativa sulle loro promozioni, quello di comprare il silenzio delle vittime delle loro ingiustizie è un procedimento molto comune», ha detto Sarah Cook, un’analista della ong statunitense Freedom House. La Cook ha detto che il problema in Cina è «che non esiste un vero Stato di diritto o un valore attribuito dalle autorità alla vita umana dei praticanti del Falun Gong come Jiang Xiqing».

L’APPLICAZIONE DELLA PRESSIONE

Quando hanno riscontrato che Jiang Li non poteva essere messa a tacere con il denaro, le forze cinesi della sicurezza sono passate all’offensiva, minacciando e molestando la sua famiglia e il suo datore di lavoro. Nel dicembre 2009, Jiang Li è stata licenziata dall’azienda in cui era impiegata, la Shanghai Airlines. Poco dopo, suo marito, che lavorava come guardia di sicurezza in una fabbrica, ha chiesto il divorzio a causa dell’implacabile pressione esercitata dalle autorità.

Anche altre persone che hanno cercato di aiutarla sono state perseguitate. Il 13 maggio 2009, Zhang Kai e Li Chunfu, due avvocati di Pechino, sono stati attaccati da venti uomini nella casa della famiglia di Jiang a Chongqing. Il caso ha attirato l’attenzione generale della comunità che opera per i diritti umani in Cina. In una stazione di polizia, gli avvocati sono stati interrogati e picchiati per ore, e in seguito minacciati di essere perseguiti per il loro coinvolgimento. «Questo è un tipico comportamento da teppisti. Volevano semplicemente intimidirci e costringerci a ritirarci dal caso. Sono così spaventati, si vede che hanno qualcosa da nascondere», ha detto Zhang Kai, secondo un rapporto della Human Rights in China, una ong con sede a New York.

Più di recente, entrambi i legali sono scomparsi in conseguenza della repressione di massa che le autorità cinesi hanno attuato lo scorso agosto nei confronti degli avvocati che tutelano i diritti umani. In una telefonata del 2 novembre, Liang Xiaojun, anch’egli avvocato in Cina e amico di Zhang e Li, ha detto: «Sono stati presi e non so dove si trovano. Non riesco a contattarli, non è possibile farlo».

E mentre da un lato l’abuso nei confronti degli avvocati per i diritti umani ha guadagnato rilevanza internazionale, dall’altro il caso di morte innaturale per il quale cercavano giustizia è silenziosamente sparito dalla vista. La Cook ha detto che l’attenzione internazionale nei confronti del caso di Jiang e la paura di una sua ulteriore esposizione, potrebbero aver motivato la polizia a cercare di comprare il silenzio della sua famiglia, e avere anche contribuito a prevenire che venissero arrestati loro stessi.

Con una svolta straordinaria delle vicenda, il gennaio 2010, Jiang Li e sua sorella si sono assicurate il rilascio anticipato della loro madre Luo Zehui – è la prima volta che un praticante del Falun Gong viene rilasciato anticipatamente a Chongqing. Con sua madre che non è più tra le grinfie delle forze della sicurezza del Partito, Jiang Li ha concentrato i suoi sforzi per assicurarsi che sia fatta giustizia per suo padre.

SEI ANNI DI PETIZIONE

Tuttavia, il caso si è trascinato per altri cinque anni senza alcun risultato. Jiang Li è stata semplicemente fatta rimbalzare tra incomprensibili agenzie governative e rinchiusa per giorni o talvolta settimane nelle ‘prigioni nere’ di Shanghai e Pechino.

Alcune situazioni di sporadica compassione – per esempio da parte di due funzionari della Direzione Generale del Consiglio di Stato nel settembre 2012 – sono state a mala pena d’aiuto. Quando le è stato chiesto il motivo per cui non aveva semplicemente accettato una bustarella, Jiang Li ha risposto: «Perché la vita umana non ha prezzo».

«Il caso di Jiang Xiqing simboleggia alcuni dei peggiori abusi che i praticanti del Falun Gong hanno dovuto affrontare per mano delle autorità cinesi, e il pessimo livello, tra i peggiori in assoluto, del trattamento che è stato loro riservato», ha commentato la Cook. «Mette in evidenza i paradossi della Cina dei nostri giorni – da una parte, una moderna economia e dall’altra, la tortura medievale e l’uccisione», ha detto.

Quest’anno, Jiang Li ha ottenuto un visto turistico ed è arrivata a New York il 19 luglio. La sua speranza è di portare un giorno il caso dinanzi alle Nazioni Unite. Attualmente vive nella comunità cinese nel quartiere di Flushing, nel Queens e va spesso in centro a raccontare la sua storia ai turisti cinesi che passeggiano per Times Square. «La racconto a chiunque», ha detto la Jiang. «Quello che dico sono fatti. È tutto vero».

La Jiang è anche uno dei circa 190 mila praticanti del Falun Gong che hanno presentato delle denunce penali contro Jiang Zemin, il leader del Partito che ha lanciato la campagna di persecuzione. Tuttavia, non si aspetta più che arrivi una risposta riguardo alla morte del padre, non fintanto che la Cina è governata dal Partito Comunista Cinese.

Frank Canino, Giulietta Song e Matthew Robertson hanno contribuito a questo articolo.

Articolo in inglese: ‘Seeking Justice in a Lawless China

 
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