Alitalia: Lufthansa via senza uscita. Un mix privato-pubblico potrebbe essere la soluzione

Il voto del 4 marzo si avvicina, e sulla vicenda Alitalia se ne sono dette oramai tante, forse troppe. L’unica cosa certa a oggi è che a decidere del futuro dell’ex compagnia di bandiera, ora commissariata, sarà il nuovo governo. E questa è un’incognita che potrà giocare sia a favore che a sfavore di Alitalia, oltre che dell’Italia stessa.
Perché se per il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda (intervenuto giovedì ai microfoni dei giornalisti a margine di un convegno a Prato), dopo le elezioni «l‘ultimo dei problemi sarà cosa succede ad Alitalia», e il primo è cosa succederà «all’Italia», per gli oltre 11 mila dipendenti della linea aerea che veste il tricolore però, il futuro ‘dell’Italia’ implica sicuramente quello di ‘Alitalia’. E non sembra sia così ‘solo’ per loro.

A giudicare infatti dalla crescente attenzione che i tre commissari straordinari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, stanno riponendo non solo nel risanamento, ma anche in tema di rilancio in prospettiva futura della linea aerea italiana, coinvolgendo in alcuni casi anche direttamente le istituzioni, è lecito supporre che esista qualcuno che ancora considera Alitalia come un asset importante per il nostro Paese.
Progetti di nuove aperture di rotte a lungo raggio – come quella per Johannesburg – e l’incremento della capacità sulle già esistenti ‘New York’ e ‘Los Angeles’, permetteranno di ricavare il maggior utile dalla classe più redditizia, la ‘business’.
L’iniziativa Roma Stopover, che mira a incrementare il flusso turistico nell’hub di Fiumicino, ovvero nella Capitale, andrà ad aumentare gli introiti per la regione Lazio.
La perseveranza nel cercare di tenere alta la bandiera italiana, comunicando con orgoglio la notizia che Alitalia oggi è la compagnia più puntuale al mondo, e il non aver ceduto subito alla tentazione di svendere ai tedeschi, cercando con minuziosità la soluzione migliore, sono di fatto tutti ‘piccoli’ segnali che qualcosa senz’altro dicono.

Dice altro ancora, poi, la recente turbolenza apparsa all’improvviso proprio sui colloqui per la trattativa con Lufthansa, in un incontro tra i manager di quest’ultima e i commissari di Alitalia. Stando a quanto ha riportato il IlSecoloXIX, che ha citato fonti vicino al dossier, i tedeschi avrebbero minacciato di far saltare il tavolo, perché insoddisfatti del lavoro svolto dall’Italia nella ristrutturazione dell’ex compagnia di bandiera. E, quando i commissari hanno presentato i progetti sulle aperture delle nuove rotte a lungo raggio, i manager tedeschi si sarebbero mostrati infastiditi, facendo intendere che quelle sono cose alle quali penseranno loro.
Insomma, la posizione dei tedeschi è rigida: i commissari devono solo pensare a ridimensionare Alitalia, se vogliono procedere i colloqui con Lufthansa. È inutile dire che questo atteggiamento piaccia poco ai dipendenti di Alitalia nel suo insieme, e ha fatto perdere a Lufthansa il ruolo di favorita all’acquisizione.

Che Lufthansa voglia solo un’AliTaglia piuttosto che una sana e forte Alitalia, non sembra essere però l’unico degli ostacoli alla trattativa per i commissari: non ci vuole un esperto in geopolitica o in economia, per capire come Lufthansa faccia, ovviamente, i propri interessi. Tradotto: un’eventuale cessione a simili condizioni potrebbe diventare un problema anche per le casse dello Stato italiano.
Secondo una fonte interna di Epoch Times infatti, «c’è da tenere a mente che adesso l’interlocutore dei tedeschi non è più un soggetto privato, ma i tre commissari straordinari, che come rappresentanti dello Stato italiano fanno anche loro gli interessi del proprio Paese».
Per questo, agli occhi esterni, i colloqui preliminari alla trattativa con Lufthansa sembrano essere diventati più un braccio di ferro politico tra due governi, che una normale contrattazione acquirente-venditore.

A questo punto c’è da capire se, dopo la ‘conquista’ calcistica di Berlino del 2006, si voglia perdere una nuova finale a tavolino per 3 a 0, oppure se si possa davvero cercare di arrivare a un compromesso, come giocarsela ai calci di rigore ad esempio, con benefici per entrambe le parti. Da quanto è apparso finora però, sembra che i tedeschi siano intenzionati a uscire come unici vincitori dall’incontro.
Vendere a Lufthansa significherebbe infatti spostare tutto il flusso turistico dei passeggeri (soprattutto quello intercontinentale) dall’hub di Fiumicino su altri tedeschi o europei. È difficile pensare che i tedeschi lascino in Italia la maggior parte del traffico passeggeri.

E proprio questo sembrerebbe il fattore di non-incontro (oltre al taglio dei posti di lavoro), che spinge i tre commissari a guardare anche ad altre possibilità, come alla cordata Easyjet-AirFrance-Klm-Delta e forse anche il fondo americano Cerberus, che in realtà è considerata adesso in vantaggio per aggiudicarsi la gara di vendita. E se non altro quest’ultima soluzione avrebbe più il sapore di collaborazione (con altri membri di Skyteam), che di una vera e propria (s)vendita.

Un accordo con Lufhtansa a quelle condizioni parrebbe infatti, almeno logicamente, in controtendenza con il lavoro silenzioso che stanno svolgendo in background i commissari, per cercare di rilanciare, prima che di ‘ristrutturare’.

Poi c’è lo Stopover che permetterebbe ai passeggeri di Alitalia in viaggio fra due destinazioni mondiali con scalo all’aeroporto di Fiumicino, di fermarsi a Roma al prezzo di un biglietto di semplice transito (senza pagare una penale per fermarsi nella città di transito), e di poter godere di convenzioni alberghiere, oltre che della possibilità di lasciare i bagagli in aeroporto.
Sempre secondo la nostra fonte interna la notizia dell’iniziativa Stopover a Roma, puntando sull’incrementare il flusso turistico a Roma in comune accordo con le istituzioni governative (Federalberghi Roma, Unindustria, Aeroporti di Roma e patrocinio del Comune di Roma), «lascia trasparire degli intenti non espressamente dichiarati da parte della politica su Alitalia», e l’impressione è che «ci sia un progetto non esplicitato sul futuro della Compagnia».

Vero o non vero, a sostenere questa tesi che non escluderebbe quindi del tutto un’ipotesi di ‘nazionalizzazione’, o almeno parziale ri-nazionalizzazione (nel caso i conti di Alitalia dovessero proseguire il trend positivo) con a fianco uno o più partner, che siano però disposti a tener conto anche degli interessi dell’Italia  ̶  proprio come aveva proposto, all’inizio, il fondo americano di private equity Cerberus  ̶  c‘è adesso in più la possibilità dell’entrata in gioco di Cassa Depositi e Prestiti Spa, quindi del ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ma per estinguere ogni dubbio sarà necessario aspettare il voto del 4 marzo, e il nuovo governo, che potrebbe imprimere la svolta decisiva all’annosa vicenda Alitalia.

 
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