Expo: apre la Fattoria Globale 2.0, dove si incontrano le culture alimentari del pianeta

In un mondo dove le esigenze alimentari si fanno sempre più impellenti le attività dell’agronomo assumono notevole importanza: dalla progettazione sostenibile al contatto diretto con le aziende agricole e le risorse. Oggi 14 maggio si è aperta la via al padiglione che rappresenterà questa importante realtà: la Fattoria Globale 2.0 misurerà e metterà in condivisione i modelli produttivi sul paesaggio e sul territorio di tutti e cinque i continenti. 

L’obiettivo è quello di contribuire alla Carta di Milano formulando dei principi di governance che rappresentino un confronto professionale e scientifico, ma soprattutto che siano utili a comunità locali e cittadini. Al centro dell’attenzione vi saranno le migliori pratiche di produzione, la loro comparazione in base ai contesti territoriali, i flussi d’innovazione genetica, le modalità di produzione del cibo, nonché il suo rapporto con i cambiamenti climatici. «L’innovazione di metodo è quello di considerare il territorio del pianeta un grande puzzle costituito da fattorie», sono le parole con cui Maria Cruz Diaz Alvarez – presidente dell’Associazione mondiale degli Agronomi e co-fondatrice del padiglione Fattoria Globale assieme al Conaf – mostra la sua visione.

Un mondo che affronta la globalizzazione può sfruttare questa interconnessione per mettere in comune le varie soluzioni e implementazioni agricole ideate dalle fattorie di tutto il mondo: «la Fattoria Globale rappresenta l’unità di misura per la valutazione del benessere del pianeta dove le diverse componenti ambientali e produttive si misurano. Gli agronomi hanno una grande responsabilità», dato che il progetto che nasce qui è quello di «estendere nel mondo i progetti che meglio si adattano all’uomo e a condizioni di vita più favorevoli», afferma Alvarez.

«All’interno del padiglione il percorso – sostiene Andrea Sisti, presidente del Conaf –  si sviluppa intorno alla sala centrale [Farm Lab], alla sua ‘tavola democratica’ e ad un albero di noce, che viene dalla mia terra». Simbolicamente esso rappresenta il punto di ritrovo per le prime pratiche di comunità: il ritrovo, la meditazione, il riposo, la discussione. «In quest’area il visitatore potrà partecipare ai momenti di discussione e di riflessione rispetto al futuro del pianeta». Sarà anche possibile prenotare una visita – guidata da due agronomi forestali – che comprenderà attività dimostrative sul tema della giornata e un tour tematico del padiglione e degli altri sette padiglioni che sposano il tema della fattoria globale (Italia, Francia, Olanda, Uk, Spagna, Slovenia e Austria).

Questo progetto verrà raccontato da «un padiglione ad impatto zero costruito con alberi italiani [abete rosso veneto e trentino], le cui pareti sono interamente realizzate con sughero naturale non trattato proveniente dalla Sardegna». A progettare lo stabile l’architetto Enzo Eusebi, il quale, durante l’inaugurazione, ha fatto capire come rappresenti appieno il movimento, dato che si trova «fuori alla piastra del cemento armato…  lo abbiamo costruito sulla terra. Non volevo pagare 7.000 euro al metro quadro. Per questo è il padiglione della concretezza». L’architettura funzionale ed ecosostenibil si fa dunque portavoce della realtà agronomica mondiale.

Per di più il tema ospitato al suo interno ha il potere di creare una rivalutazione del cibo e del paesaggio, parla di qualcosa che rimane nel tempo, per questo il padiglione, terminato Expo, diverrà una mostra itinerante e di pari passo si promuoverà una fondazione che ne continuerà le iniziative e la riflessione.

 
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