Cosa fare per contrastare turismo dei trapianti e traffico d’organi in Cina

Intervento pubblico dell’avvocato canadese per i dirtti umani David Matas all’incontro tenutosi presso il municipio di Seoul, in Corea del Sud, il 16 ottobre 2015

 

Per sua stessa ammissione, il governo cinese si è procurato regolarmente gli organi dei prigionieri, in violazione dell’etica internazionale. La ricerca che io e David Kilgour [ex magistrato, ex senatore ed avvocato per i diritti umani canadese, ndt] abbiamo condotto, ci ha portato a concludere che i prigionieri, che costituivano la fonte degli organi, sono principalmente prigionieri di coscienza e, in particolare, i praticanti della disciplina spirituale del Falun Gong. Ethan Gutmann, Kirk Allison e altri, che hanno condotto le loro ricerche indipendenti, sono giunti alla stessa conclusione.

Tra i coreani, vi sono numerosi pazienti che si sono recati in Cina per un trapianto e che poi sono tornati nel loro Paese per sottoporsi alle cure riabilitative. Il turismo dei trapianti in Cina da parte dei pazienti coreani è un abuso che necessita di un rimedio. Cosa si deve fare?

Vorrei proporre dieci suggerimenti. Tuttavia ci tengo a precisare che queste proposte che andrò a esporre non derivano completamente dalla mia comprensione, ma sono già state adottate altrove. Ritengo che se la Corea vorrà evitare di essere in qualche modo complice di questa forma di abuso, sarà necessario che adotti queste misure.

I suggerimenti possono essere suddivisi in due gruppi. Il primo è costituito da un insieme di standard previsti dalla Società dei Trapianti (Tts), un’associazione internazionale di cui fanno parte i professionisti del trapianto. Per evitare la complicità dei medici coinvolti nei trapianti con gli abusi che verificano in Cina, la Società dei Trapianti ha sviluppato una politica specifica, i cui elementi ritengo che dovrebbero essere incorporati nell’etica professionale della Società dei Trapianti coreana.

Per cominciare, la politica della Società dei Trapianti cinese è in contrasto con la politica della Società dei Trapianti internazionale che si oppone all’approvvigionamento degli organi dai prigionieri giustiziati. Quest’ultima prevede:

«La Società dei Trapianti si oppone al recupero degli organi dai prigionieri giustiziati. Per la Società dei Trapianti, il fatto che gli organi e i tessuti siano concessi volontariamente e senza coercizione, costituisce un principio fondamentale. A causa delle restrizioni della libertà nell’ambiente carcerario, è improbabile che i prigionieri siano veramente liberi di prendere decisioni indipendenti e, di conseguenza, non può essere ottenuto un consenso informato autonomo per la donazione. Inoltre, l’incentivo finanziario per il recupero degli organi dai prigionieri giustiziati potrebbe spingere a incrementare il numero di tali organi disponibili per il trapianto».

1) Un elemento della politica della Società dei Trapianti è l’appartenenza all’associazione. Ai professionisti cinesi dei trapianti non dovrebbe essere permesso di aderire alle associazioni nazionali dei trapianti, a meno che non si impegnino nell’opporsi al recupero degli organi dai prigionieri. La Società dei Trapianti coreana dovrebbe richiedere ai suoi medici il loro impegno nell’opporsi al recupero degli organi dai prigionieri, affinché possano aderire all’associazione.

2) Allo stesso modo, la Società dei Trapianti richiede che ai congressi sui trapianti, non dovrebbero essere mostrate presentazioni di medici cinesi che includano dati o esempi di  pazienti destinatari di organi o tessuti provenienti da prigionieri giustiziati. La Società dei Trapianti coreana richiede una politica di questo tipo per i suoi congressi sui trapianti.

3) La Società dei Trapianti non deve aver bisogno di ricercatori che compiono ricerche attinenti ai trapianti in collaborazione con i ricercatori cinesi, qualora gli studi coinvolgano destinatari di organi o tessuti provenienti da prigionieri giustiziati. La Società dei Trapianti coreana dovrebbe prevedere questa politica per i ricercatori coreani.

4) Mi è stato riferito che molti professionisti cinesi dei trapianti ricevono una formazione in Corea. Secondo quanto previsto dai principi etici della Società dei Trapianti, non dovrebbero essere accettati tirocinanti provenienti dalla Cina, salvo che gli istruttori possano ritenersi certi che la carriera clinica di chi viene formato si conformerà all’etica dei trapianti in generale e, in particolare, non sarà implicato nell’approvvigionamento d’organi dai prigionieri. La Società dei Trapianti coreana deve attuare una politica specifica, volta a garantire il rispetto di tale norma.

5) I professionisti dei trapianti coreani dovrebbero evitare di presenziare ai congressi cinesi sui trapianti. Secondo i principi etici stabiliti dalla Società dei Trapianti, la partecipazione a tali congressi è considerata etica solamente se viene utilizzata come opportunità per trasmettere gli standard etici, incluso il fornire informazioni riguardo alle fonti consentite d’approvvigionamento di organi.

Il secondo gruppo di proposte che vorrei suggerire, trae origine da esempi che sono realtà in altre giurisdizioni. Farò riferimento ai casi previsti dai seguenti Paesi: Taiwan, Stati Uniti, Israele, Hong Kong e Malesia.

6) In primo luogo, in questo gruppo di Paesi c’è la necessità di conoscere l’entità del problema. Il turismo dei trapianti in Cina da parte dei coreani si è rivelato consistente, ma fino a che punto?

I pazienti che tornano dalla Cina in Corea, dopo aver effettuato un trapianto, necessitano di cure riabilitative e di un rifornimento continuo di farmaci anti-rigetto; questa è la ragione per cui il volume del turismo in Cina a scopo di trapianto da parte dei coreani, è facilmente riconoscibile. Tuttavia, in questo momento non è noto.

Grazie a una legge taiwanese emanata nel 2015, i medici hanno l’obbligo di presentare al Governo un rapporto per ogni paziente che si reca all’estero per un trapianto e che in seguito si sottopone a dei trattamenti riabilitativi a Taiwan. Sia i medici che gli ospedali vengono sanzionati qualora omettano di presentare tali rapporti.

I rapporti non sono richiesti solamente per i trapianti eseguiti in Cina o per quelli abusivi, ma sono necessari per tutti i trapianti eseguiti all’estero. Quindi la determinazione se nella procedura sia presente una qualche anomalia è lasciata agli investigatori statali e non ai medici. La Corea ha realmente bisogno di una legge del genere.

7) In secondo luogo, dovrebbe essere vietata l’intermediazione. In Corea gli intermediari degli organi operano apertamente, promuovendo l’attività del turismo dei trapianti. Israele fornisce un esempio dell’esatto contrario, ovvero una legge che vieta l’intermediazione nei trapianti. Tale legge prevede che:

«Nessuna persona può agire, direttamente o indirettamente, da intermediario tra donatore e ricevente per la rimozione o il trapianto di un organo […] Qualora sia stata promessa una ricompensa a un’altra persona per la rimozione di un organo, nessuno dovrebbe ricevere una provvigione per l’eventuale intermediazione».

Ancora una volta devo ripetere che la Corea ha bisogno di una legge del genere.

8) A chiunque sia ritenuto implicato in un abuso nell’ambito dei trapianti di organi, dovrebbe essere negato l’ingresso in Corea. Gli Stati Uniti forniscono un esempio di tale divieto. Il loro modulo per la richiesta dei non immigranti del visto d’ingresso nel Paese, riporta questa domanda:

«Sei mai stato direttamente coinvolto in un trapianto coercitivo di organi o di tessuti corporei umani?»

La domanda in sé illustra la politica d’immigrazione degli Stati Uniti. Gli Usa negheranno l’ingresso a chiunque sia mai stato direttamente coinvolto in un trapianto coercitivo di organi o di tessuti corporei umani.

Se una persona che richiede l’ingresso negli Usa risponde a una qualsiasi domanda sul modulo del visto – per esempio in relazione al suo curriculum lavorativo – in un modo che precluda possibili indagini sul fatto che sia stata direttamente coinvolta in un trapianto coercitivo di organi o di tessuti corporei umani, allora quella persona potrebbe essere espulsa dal Paese dopo l’ingresso, senza la necessità di stabilire se sia stata realmente coinvolta. Per espellere la persona è necessario dimostrare che la sua risposta abbia ostacolato o non abbia consentito la possibilità d’indagare nello stabilire se la persona fosse stata direttamente coinvolta in tali operazioni. La Corea dovrebbe includere una domanda simile nei suoi moduli di richiesta del visto d’ingresso nel Paese.

9) Il ‘Codice di condotta professionale per la guida dei medici professionisti registrati’ del Consiglio Medico di Hong Kong, affronta la questione dei pazienti che vengono indirizzati al di fuori di Hong Kong. Tale legge prevede che:

«35.3 Il consenso deve essere dato liberamente e volontariamente da qualsiasi donatore. Se vi è un dubbio sul fatto che il consenso sia stato dato liberamente e volontariamente dal donatore, il medico dovrebbe rifiutare la donazione proposta».

«35.4 Nel caso in cui un destinatario di un trapianto d’organo venga indirizzato da un qualsiasi donatore in un luogo al di fuori di Hong Kong, è immorale per un medico indirizzare il paziente senza verificare lo stato del donatore o senza seguire questi principi».

Anche in Corea dovrebbe essere previsto qualcosa di simile. Per i medici coreani dovrebbe essere considerato immorale indirizzare i pazienti in Cina per trapianto, a meno che il medico coreano possa essere certo, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la fonte dell’organo per il trapianto non sia un prigioniero. Questo perché, considerata la mancanza di trasparenza sui trapianti in Cina, quasi certamente in alcuni casi, se non in tutti, si tratterà di un prigioniero.

10) Infine dalla Malesia, abbiamo l’esempio di una politica sui farmaci anti-rigetto. Nell’ottobre 2011 il ministro della Salute malese Datuk Seri Liow Tiong Lai ha affermato:

«A partire da gennaio 2012 ai pazienti del Paese che si sottopongono all’estero a un’operazione di trapianto di organo fornito su base commerciale senza l’approvazione del Ministero della Salute, non sarà fornito gratuitamente alcun farmaco anti-rigetto o immunosoppressore».

Devo dire ancora una volta che la Corea deve fare qualcosa di simile. Il Ministero della Salute coreano dovrebbe impegnarsi a non fornire gratuitamente farmaci anti-rigetto o immunosoppressori, ai pazienti coreani che si sottopongono all’estero a un trapianto di organo fornito su base commerciale senza l’approvazione del Ministero della Salute. Inoltre tale approvazione non dovrebbe essere fornita, a meno che non si possa stabilire che l’approvvigionamento dell’organo sia stato eseguito in maniera opportuna.

CONCLUSIONE

Questi suggerimenti non devono essere visti come onnicomprensivi. Ci sono molte altre iniziative che associazioni professionali, governi e legislature, sia straniere che internazionali, hanno adottato per evitare la complicità dei loro cittadini negli abusi dei trapianti di organi commessi dalla Cina.
Per esempio in un mio intervento alla Camera dei Deputati in Italia nell’ottobre 2015, ho proposto 35 standard etici che le società nazionali dei trapianti dovrebbero seguire, tutti tratti sia da norme nazionali che internazionali. Oggi, ne ho specificati solo cinque.

Sarebbe meraviglioso se la Corea facesse tutto quanto in suo potere per combattere gli abusi dei trapianti di organi in Cina. Se non altro, dovrebbe fare almeno qualcosa. Fino a oggi, la Corea ha rappresentato una grossa parte del problema degli abusi commessi dalla Cina in questo ambito, per cui dovrebbe partecipare alla ricerca della soluzione.

La Corea riveste un ruolo importante in questo problema, poiché è stata la fonte di un elevato volume di turismo dei trapianti in Cina. E sinora, in base alla mia conoscenza, la Corea non ha adottato alcuna delle precauzioni che altri Paesi e professionisti hanno adottato altrove. La Corea ha bisogno di prendere atto della gravità degli abusi e di assumersi la responsabilità della propria passata complicità. Sebbene la Corea non possa di per sé porre fine agli abusi dei trapianti in Cina, potrebbe e dovrebbe rifiutarsi di fare qualunque cosa per favorirli.

Nessuna persona sana dovrebbe essere uccisa per i suoi organi per permettere a una persona malata di vivere. Per i medici, è ingiustificabile perseguire la salute dei loro pazienti a costo della vita di altri sconosciuti.

I medici coreani, come quelli di tutto il mondo, seguono il giuramento di Ippocrate. La versione coreana tradotta del giuramento prevede l’impegno dei medici di «astenersi da ogni atto volontario di malvagità e di corruzione» e «da tutto ciò che sia deleterio e malefico». ‘Astenersi da tutto ciò che è deleterio’ significa non fare del male.

Uno dei motivi, fra i tanti, per i quali David Kilgour e io siamo arrivati alla conclusione che i praticanti del Falun Gong venivano uccisi per i loro organi, è che ogni precauzione che avrebbe potuto essere presa per impedire questo abuso, in effetti non era stata presa. Adesso, dal momento che alcuni Paesi e professionisti hanno adottato alcuni mezzi di prevenzione, questo genere di mancanze si stanno lentamente risolvendo. La Corea dovrebbe seguire gli esempi delle disposizioni già adottate altrove.

Allo stato attuale, il governo della Cina a volte dichiara che il suo approvvigionamento di organi dai prigionieri è terminato, mentre altre volte sostiene che verrà cessato in futuro. Considerata la mancanza di trasparenza nel sistema cinese dei trapianti d’organi, queste affermazioni non sono e non saranno verificabili.

Non sono i Paesi stranieri a dover avere l’onere di dimostrare che la Cina sta ricavando organi in modo improprio; l’onere dovrebbe essere, piuttosto, del regime cinese. Quest’onere, in particolare alla luce del lungo periodo di tempo d’approvvigionamento improprio, non può essere adempiuto con il semplice affermare che la fonte degli organi sia eticamente corretta. A meno che e fino a quando la Cina non adotterà un sistema trasparente di fornitura d’organi, e a meno che e fino a quando non ci sarà un accertamento internazionale e indipendente dell’eventuale appropriato funzionamento del sistema cinese di fornitura d’organi, bisognerà sempre presumere che il modo in cui la Cina ottiene organi, sia improprio.

Persino se in futuro potessimo ritenerci soddisfatti, al di là di ogni ragionevole dubbio, e ritenere che il sistema abusivo di approvvigionamento degli organi in Cina sia terminato, questa fine non rappresenterebbe una giustificazione per l’omissione delle misure cautelative volte a evitare l’abuso dei trapianti di organi. Sappiamo che è successo e non abbiamo fatto quello che potevamo per fermarlo. Dovremmo imparare da questa dolorosa esperienza e, meglio tardi che mai, mettere dei paletti per evitare ogni complicità in ulteriori abusi.

 

David Matas è un avvocato internazionale difensore dei diritti umani residente a Winnipeg, nella provincia canadese di Manitoba.

Articolo in inglese: ‘Organ Transplant Abuse in China: What Is to Be Done?

 
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