Rio 2016, i gemelli Braidot puntano alla prova olimpica di mountain bike

Mossa è un paese di neanche duemila anime nella provincia di Gorizia. I fratelli Luca e Daniele Braidot abitano ancora lì, circa cento metri dall’incrocio che sta di fronte alla chiesa, dove più di 15 anni fa iniziavano a trovarsi con gli amici per le prime pedalate in mountain bike. All’inizio era solo un gioco: dopo la prima gara in paese si trasforma nella loro principale passione, diventata infine il loro lavoro.

«Siamo stati molto molto fortunati – ammettono seduti sul divano nel salotto a casa loro – perchè il nostro lavoro è anche la nostra passione. Per noi lo sport, fino a questo punto della nostra vita, è praticamente tutto».

Luca ha la finestra alle spalle e ha Daniele alla sua sinistra; sono appena tornati dalla loro ultima sgambata in bici prima di andare al punto di ritrovo con gli altri azzurri, per poi decollare con loro verso Nové Mesto, dove domenica prossima disputeranno i Campionati del mondo di cross country.

Vedendo i due gemelli da vicino, mentre raccontano la loro avventura sportiva, è quasi possibile distinguerli, anche perché indossano vestiti diversi; mentre quando sfrecciano in gara, a cavallo della loro bici, e con la stessa divisa, sono identici: l’unica cosa che li differenzia è il numero appuntato sullo schiena.

I fratelli Braidot, faccia pulita da bravi ragazzi, alti, longilinei, fisico atletico e asciutto, colpiscono soprattutto per la loro compostezza: la stessa che hanno quando pedalano a tutta in salita o di quando si gettano a capofitto giù per ripidi sentieri. Il loro tono è pacato e i loro discorsi sobri; sono così, anche sulla griglia di partenza delle gare, e subito dopo aver tagliato il traguardo, indipendentemente dai loro risultati.

Daniele dice di andare in Repubblica Ceca con l’obbiettivo di fare un buon piazzamento: spera possa trasformare la sua convocazione per Rio 2016 da prima riserva a titolare e, così, poter correre al fianco del fratello Luca, il 21 agosto in Brasile, a caccia di una medaglia olimpica.

Solo «se mi andrà bene la partenza. Potrò ambire a qualcosa di buono», specifica il neo campione italiano di cross country, perché, frenato da una serie di incidenti a inizio stagione, ha compromesso la sua scalata al ranking mondiale, e quindi sarà schierato piuttosto indietro al via in griglia.

Se fallisse, sarebbe una delle rare volte in cui sarebbe separato dal fratello. I Braidot conducono infatti vite parallele da sempre; trascorrono un’infinità di tempo insieme, condividendo anche le stesse passioni al di fuori della bici come quella per il calcio, la moto e la natura. Sono anche sempre perfettamente sincronizzati, come durante l’intervista. Sembra di parlare con un’unica persona: ognuno interviene al momento giusto per completare la risposta dell’altro.

Luca, siccome è già sicuro di essere uno dei tre titolari, sta già preparando la prova olimpica. «Se sono al 100 percento al mondiale vuol dire che sto sbagliando qualcosa – spiega – Spero di fare una buona gara lo stesso. Partirò abbastanza avanti, perché nel ranking sono messo bene. Spero di rimanere sui risultati delle ultime prove di Coppa».

La fenomenale coppia di ciclisti friulani ha esattamente 50 anni (in due) e, sebbene gareggino solo da tre anni tra gli Elite – massima categoria della Mtb – hanno già un titolo italiano a testa nel loro palmares, e diverse affermazioni in campo internazionale.

Luca vince il campionato italiano al suo debutto tra gli elite, nel 2014, nella sua Gorizia. Due anni dopo arriva la rivincita di Daniele: a Courmayeur, il 12 giugno 2016, indosserà la maglia tricolore precedendo di un posto proprio il fratello, che con essendo quarto in classifica generale, dopo tre prove è il miglior azzurro in Coppa del mondo.

«Siamo sicuramente abbastanza forti – dichiarano – però rispetto ad altri corridori tipo Kerschbaumer, che è un fenomeno assoluto, abbiamo dovuto allenarci parecchio per arrivare a questi livelli; e rinunciare a un po’ di cosucce».

I gemelli nella categorie inferiori vincono spesso in campo regionale. Però a livello nazionale devono piegarsi alla superiorità del coetaneo altoatesino Gerhard Kerschbaumer, il predestinato delle ruote grasse già vincitore di due titoli iridati: uno tra gli junior e uno tra gli under 23. «Fin da giovane ci ha sempre battuto – ammettono – Però negli ultimi anni gli siamo arrivati davanti. Siamo arrivati dove era lui, appena adesso».

Il nostro segreto è che «alla fine ci divertiamo più degli altri, anche per la squadra che abbiamo [il gruppo sportivo Forestale – Cicli Olympia Vittoria, ndr]. Abbiamo la tranquillità che gli altri non hanno. Tipo, Kerschbaumer probabilmente prende anche tanto più di noi, però se non vince son problemi. Invece da noi, se non vinciamo siamo molto molto più tranquilli. Anche quello ci ha aiutato sicuramente molto. Forse la nostra fortuna è quella: non avere tanti vincoli e obblighi. Perché a dir la verità, come abbiamo detto prima, fin adesso ci è andato tutto bene. Non abbiamo mai avuto grossi problemi. Per ora siamo sereni. Sta andando tutto bene. Ogni anno miglioriamo un pochino».

Comunque bisogna ringraziare: «prima di tutto la nostra famiglia, perché se non c’erano loro, col camper, non saremmo andati a far le gare e non sarebbe successo niente. Poi c’è stato anche Flavio Tommasin [direttore sportivo della loro prima squadra, ndr]: ci ha aiutato molto fin da piccolini. Adesso c’è Alessandro Fontana [attuale Ds nel gruppo sportivo forestale, ndr] insieme a Claudio Cucinotta, nostro preparatore già da un po’: saranno sette anni».

Guardando attraverso la finestra del salotto, alle spalle di Luca, si vede il camper. È sempre parcheggiato appena lì fuori della cinta di casa, pronto per ogni evenienza. «Di solito si partiva alle gare alla domenica – ricordano – se erano lontane si partiva il sabato, dopo la scuola. I nostri genitori ci venivano a prendere direttamente a scuola col camper pronto. Caricavamo le bici il giorno prima…

«Da piccoli era bello quando andavamo a fare le gare di Coppa Italia… sono state proprio le più belle di tutte. C’erano tutti i nostri amici. Si faceva la rappresentativa regionale e si andava via con il furgone. Sì; furgone e hotel: super. Per noi, abituati a girare in camper, era bellissimo. Ma anche in camper era bello […] da allievi del primo anno siamo partiti da qua, per il Campionato italiano che era in Sicilia… Abbiamo fatto tutta la costa».

Suona il campanello. È il loro papà, ancora in divisa; è appena tornato dal suo immancabile allenamento in mtb; tra le sue gambe spunta anche il cane: «È vecchio: ha quasi undici anni. I primi anni si faceva tutti i percorsi con noi, quando andavamo via in bici a provarli: specialmente nel ciclocross. Invece adesso fa fatica ad affrontare i viaggi in camper, non ce la fa più, Guido».

E la notizia che gira sul possibile smantellamento del Corpo della Forestale?

(Luca) Non è una bellissima cosa, perché iniziavamo a diventare una bella squadra. Iniziava a esserci un’organizzazione. Magari non cambia niente il prossimo anno, perché il corpo dei Carabinieri in teoria è lo stesso un bel corpo. Ben organizzato. Solo che quando sono entrato in Forestale, io almeno, non avrei mai pensato di cambiare maglia… una cosa tutta nuova, da vedere. Speriamo di riuscire a mantenere il team, [speriamo, ndr] soprattutto che non venga smembrato…
(Daniele) …Che non ci dividano. Noi quattro adesso eravamo riusciti a trovare degli ottimi sponsor. Eravamo coperti molto bene.
(L) Il gruppo sportivo (della Mtb) è molto giovane. È nato da pochi anni. Stavamo crescendo piano piano.
(D) Eravamo tutti under, tutti giovani, quindi, facevamo fatica a trovare chi ci dava le le biciclette.
(L) E anche l’organizzazione mancava. Invece adesso avevamo tutto: bici, materiali, ruote. Proprio come un team ufficiale. Adesso che avevamo tutto, se smantellano è brutto.

Luca, quali aspettative hai per queste olimpiadi? Conosci il percorso?

(L) Si… ho fatto la preolimpica l’anno scorso, mi trovo bene, mi piace molto. Aspettative… Un sogno sarebbe la medaglia. Gli avversari sono sempre gli stessi, il mio miglior piazzamento finora è un sesto posto in Coppa del mondo. Quindi, i primi cinque ci saranno sicuramente: Absalom, Kulhavy, Shurter per il podio, e devi andare veramente forte per entrare lì dentro; dopo, dalla quarta posizione in poi è già più abbordabile. Per fare il podio devi fare una gara stratosferica, oppure deve succedere qualcosa a uno dei tre. Perché in questo momento sono di un altro livello.

Obbiettivi futuri?

(L) Sicuramente bisogna vedere cosa succede qua nel nostro team. Perché il prossimo anno non possiamo chiaramente fare la Coppa del mondo a spese nostre, no?! Quindi dipende tutto da come sarà gestito il team. Siamo fiduciosi. Speriamo bene. Sono i nostri anni. Per i prossimi 4-5 anni dovrebbero essere i nostri anni. Quindi speriamo di essere supportati bene.

Nelle malaugurata eventualità che chiudesse, voi lascereste il corpo?

(L) Bisogna pensarci molto bene. Però penso di si.
(D) Non lo so è difficile. Non so se licenziarci o andare avanti. Magari ti licenzi e dopo ti fai male…
(L) In teoria dovrebbero lasciarci correre. Anche perché i Carabinieri sono un bel centro, un bel gruppo sportivo.
(D) E comunque noi siamo atleti olimpici.
(L) In teoria il prossimo anno non dovrebbero esserci problemi.

Come è cambiata la mountain bike da quando avete iniziato a correre?

(L) Le gare sono lunghe come le gare che facevamo noi da junior. Quindi si stanno accorciando tantissimo, sono sempre più tecniche, con difficoltà artificiali, specialmente all’estero. Tipo alle olimpiadi non c’è niente di naturale. È una base militare dove c’è questo prato, dove, con le ruspe, hanno scavato il percorso e hanno messo rocce, tronchi. È uno show. Con una telecamera, volendo, riprendi tutto il percorso. Quindi si sta andando verso quella direzione. Non è che ci piaccia molto. Però…

Si cerca di attirare il pubblico, di portare le gare nelle città, in modo che si riescano a vedere tutte da un punto: corte, in modo che la gente non si stufi a guardarle. È un po’ quella la direzione che prende il cross country.

C’è qualcosa che cambiereste nel mondo della mountain bike adesso?

(L) No. Questo aspetto qui? Già ci sono pochi soldi. Se si vuole che questo sport rimanga e che cresca un pochino, purtroppo, è quella la direzione che deve prendere. Abbiamo bisogno del pubblico. Anche a Nové Mesto, adesso al mondiale, sono attese quasi 50 mila persone. Quindi sta crescendo un po’ l’interesse generale.

Quali sono gli Stati dove ha preso più piede?

Francia, Svizzera, Germania: gli altri Paesi d’Europa sono messi bene, anche Repubblica Ceca. Però piano piano stiamo migliorando (anche in Italia), perché ad esempio le gare degli internazionali d’Italia, quest’anno erano tutte internazionali, mentre prima erano un po’ nazionali e un po’ internazionali. (Ora) vengono tanti stranieri a correrle.
(L) Per esempio le gare in città tipo Milano c’era tanta gente a vedere; come a Montichiari. Sta crescendo sicuramente. Anche a livello giovanile cominciano a esserci tanti numeri:(D) specialmente tra gli junior cominciano ad esserci in Italia gare con quasi 200 partenti, sono tantissimi.

Se doveste consigliare a qualcuno di praticare questo sport, cosa gli direste?

(L) È uno sport divertente, tiene lontano da ambienti brutti. Non ti fa allenare sulle strade. Quindi c’è tutto da guadagnare. Dopo se sarà fortunato, come ad esempio è stato per noi, anche se dovesse fare piccoli sacrifici in quei periodi, verranno ripagati.

Cosa vi piacerebbe fare quando smetterete di gareggiare?

(L) A me piacerebbe avere una famiglia, una casa, una famiglia più di tutto. Poi altri hobby nel tempo che avanzerà.

(D) Per me uguale, infatti adesso stiamo cercando casa.

 
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