A 70 anni da Hiroshima: gli Usa dovrebbero chiedere scusa?

«Nella nostra città vi era il calore della vita familiare, i profondi legami umani della comunità, feste tipiche per ogni stagione, cultura tradizionale ed edifici tramandati a noi dalla Storia, così come le rive dei fiumi dove giocavano i bambini. Alle 8:15 di mattina, il 6 agosto 1945, tutto questo è stato distrutto da una singola bomba atomica».

È l’apertura del discorso del sindaco di Hiroshima Kazumi Matsui il 6 agosto 2015, giorno del 70° anniversario del bombardamento, che provocò circa 50 mila morti nell’esplosione e altri 100 mila nel periodo successivo. La celebrazione dell’anniversario, incentrata sulla promozione della pace nel mondo, vede la partecipazione di un numero molto ampio di Stati.

La bomba fu sganciata per porre fine al grave conflitto tra America e Giappone, di fatto demolendo i sogni di conquista della Nazione asiatica, da allora pacifica e alleata degli Stati Uniti, oltre che fortemente ambientalista.

Gli Usa non si sono mai scusati per l’attacco e secondo un sondaggio di Sputnik News il 61 per cento dei giapponesi vorrebbe delle scuse. Sebbene un simile sondaggio non possa considerarsi scientificamente valido (ogni media ha un tipo specifico di lettori, e ci si aspetta una concentrazione di lettori pro-russi e anti-americani da un media come Sputnik News), il dato è comunque indicativo.

Tuttavia, è persino possibile che Obama abbia espresso l’intenzione di scusarsi e che il governo giapponese abbia rifiutato. È ciò che sostiene un cablo di Wikileaks del 2009, secondo cui le intenzioni di Obama sarebbero state frenate da Tokyo, che riteneva la cosa prematura e «improponibile».

 
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