La questione dell’aiuto all’al-Anbar, la provincia irachena sotto l’Isis

Questa settimana a Washington mi sono imbattuto in alcuni cittadini dell’al-Anbar che avevano tutti perso i loro amici o parenti nella lotta contro l’estremismo islamico. Hanno detto cose interessanti.

L’al-Anbar è la provincia dell’Iraq virtualmente al 100 per cento arabo sunnita. Nel 2003-2004 ha resistito all’invasione americana, nel 2006-2007 ha dato vita al movimento del Risveglio, che ha combattuto assieme agli Americani contro al-Qaeda in Iraq.

Questa provincia ha voluto che le basi americane restassero in Iraq. Nel 2013 ha ospitato delle pacifiche proteste di massa contro il governo di Nuri al-Maliki e dall’inizio del 2014 è caduta in gran parte sotto il controllo dello Stato islamico (Isis) e dei suoi alleati baathisti. Il comando provinciale sta adesso cercando di convincere gli Stati Uniti a fornire armi, addestramento e attacchi aerei coordinati a coloro che sono disposti a combattere per riprendere la provincia. Una scena già vista.

I cittadini dell’al-Anbar pensano che il controllo dell’Isis nella loro provincia sia debole, nonostante ciò affermano che ospiti il suo quartier generale. Il comando dell’Isis è costituito da stranieri che hanno un rapporto teso persino con i sostenitori locali.

L’Isis inizialmente ha attratto alcuni cittadini dell’al-Anbar non solo perché prometteva un califfato islamico, ma anche a causa della corruzione e dell’egemonia sciita a Baghdad. Tuttavia adesso l’Isis sta abusando della popolazione locale con un severa applicazione della legge islamica, sostenuta solo da una frazione dei cittadini locali e attuando esecuzioni di massa.

Sta uccidendo i sunniti e distruggendo le case e gli ospedali. Sta insistendo sul ‘pentimento’ da parte dei leader tribali che si sono opposti. Molti tra coloro che presumibilmente si pentono abbandonano anche la provincia.

Quei leader dei cittadini dell’al-Anbar che se ne sono andati vengono informati da quelle persone ancora nella provincia che con un adeguato sostegno e rifornimento di risorse dall’esterno sono pronte a combattere l’Isis. La liberazione inizierebbe da quelle zone dell’al-Anbar come la città di Hit che l’Isis non è stata in grado di controllare. La polizia dell’al-Anbar andrebbe a costituire il nucleo della forza di opposizione.

I cittadini della provincia confessano un buon rapporto con il governo di Haider al-Abadi a Baghdad. Dice le cose giuste ed è riuscito a marginalizzare Maliki. Più in generale le relazioni con gli sciiti e i curdi sono migliorate.

Ma finora il nuovo Primo ministro non è stato in grado di offrire molto in termini concreti. Le armi americane per Baghdad inizieranno ad arrivare solo a marzo. Abadi è sotto l’enorme pressione iraniana, il comandante della Guardia Rivoluzionaria iraniana Qassim Suleimani è dappertutto. La legge della Guardia Nazionale, che i cittadini dell’al-Anbar supportano perché vorrebbe istituire delle unità di base provinciale per combattere l’Isis, è bloccata in Parlamento.

Solo una forte influenza internazionale le consentirà di passare. Anche allora, ci vorranno quattro anni prima le unità della Guardia Nazionale siano pronte a combattere. Ci vorranno tre anni per riqualificare e riequipaggiare l’esercito iracheno…

Ripubblicato con il permesso del Middle East Institute.

Il dottor Daniel Serwer è uno studioso al Middle East Institute e professore alla Scuola di Studi Internazionali avanzati presso l’Università Johns Hopkins. Il suo blog è al sito www.peacefare.net.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

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Articolo in inglese: The Case for Aiding Anbar, ISIS-Controlled Iraqi Province
 
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